Grazie ad Alfonso mi sono letto questo report che spiega con autorevolezza cosa sia accaduto alla riunione della Confindustria, accolgo il racconto ma le mie perplessità ancora rimangono.
Non ho certo grande apprezzamento per come viene gestita la giustizia in Italia e chi ha seguito la vicenda di mio nipote Alberto può ben capire cosa pensi in proposito, ma proprio in quel caso ho ammirato la compostezza, la serenità e il rigore di mio fratello e di tutta la sua famiglia che mai si sono scagliati a fare proclami mantenendo assieme alla compostezza la certezza che la giustizia prevarrà o meglio come mi disse un giorno "Se smetto di credere alla verità, in cosa potrò mai credere?".
Uno dei problemi di questo paese, primo ministro in testa a tutti,(le minuscole sono una scelta) è la continua delegittimazione di tutti verso tutti con i media a fare da amplificatori e aizzatori della rissa, salvo rare eccezioni.
E' ovvio che la sentenza sia esagerata e quel giudice verrà certamente smentito dai gradi successivi di giudizio, che garantiscono al nostro ordinamento il prevalere di ciò che è giusto ed il più possibile imparziale, fino a che la condanna non è definitiva finchè non passa in "giudicato".
Ho trovato e continuo a trovare cinico il nesso tra la morte degli operai, la sentenza e il problema degli investitori stranieri e mi domando se il tema sia davvero questo o se invece il problema degli investimenti non sia legato a norme severe e al fatto che vengano fatte rispettare: in Germania non credo siano più teneri e in caso di incidente, indagine, processo e accertate le responsabilità, siano più teneri, per non parlare degli USA dove anche il medico condotto di un paesino ha ben chiaro che ogni suo gesto è gravato da responsabilità legali e formali enormi.
Il nostro problema è proprio l'opposto: che ogni giorno, dalla scuola alle istituzioni locali, dal parlamento alla televisione, è un continuo delegittimare e invalidare ciò che si è deciso e come possiamo ottenere la fiducia di investitori per un sistema paese che proprio sulle norme, le regole, i meccanismi di funzionamento elementari della vita civile, non ha certezze e non le sa offrire e non perde occasioni per ribadire che il rispetto della legge sia in fondo opinabile, a seconda delle situazioni.
Che dire Gigi, condivido la tua osservazione. Ho cominciato ad occuparmi di sicurezza sul lavoro (causa crisi dell'edilizia, ahime) e ho potuto studiare e sentire spiegare il famigerato (???) "Decreto 81", considerato dai datori di lavoro (e purtroppo anche da alcuni del Governo) vessatorio, penalizzante, anti-concorrenziale.
Premesso che sia il precedente 626 che l'attuale 81 con le modifiche varie nascono da direttive europee, non mi viene strano pensare che anche la Germania, la Francia o l'Austria abbiano norme simili (ed è così in realtà).
Ma quello che mi chiedo, e che chiedo ai datori di lavoro e ai lavoratori a cui faccio formazione, è: lo capiamo che la sicurezza sul lavoro non può essere una richiesta di legge ma deve diventare un'esigenza sociale? Che 1200 morti all'anno sul lavoro (con una media più o meno costante dal '45 ad oggi) sono una piccola strage che si ripete silente ogni giorno con 3 decessi? Si stimano i costi per la collettività degli infortuni sul lavoro (più di 800.000 l'anno, circa uno ogni 40 secondi) in 40 miliardi di euro.
Quello che ci dovrebbe scandalizzare non è la condanna a qualche anno di reclusione per un amministratore delegato ma questa silenziosa sparizione ogni anno di un migliaio di lavoratori di cui raramente si parla ai TG.
Risparmiare qualche migliaio di euro in sicurezza e scandalizzarsi per una condanna decennale non rende ne onore ne giustizia a chi ha subito i danni di quelle scelte.
Scritto da: Lucio | 05/10/2011 a 14:29