E' da un anno che ci lavoriamo e oggi il progetto è stato ufficializzato con il comunicato stampa e l'annuncio delle date di uscita dei dischi delle tre artiste che fannno parte della prima "spedizione" della musica in una nuova dimensione, partendo da un nuovo pianeta.
E' un progetto, importante, ambizioso e pieno di dettagli e complessità ma che vede un team di talenti molto diversi e speciali per affrontare un tema di grande impatto: come creare un nuovo contesto perchè gli artisti possano produrre musica di alto livello.
La lettura del comunicato stampa fornisce alcune indicazioni come pure un veloce giro del sito o della pagina Facebook, ma la vera differenza la faranno gli artisti stessi (per ora tre donne, tre modi molto diversi di trattare il materiale sonoro) che del progetto sono i veri protagonisti.
La parte musicale è pronta, Cesare e Gianni stanno lavorando alle immagini per il contenitore del primo CD, domani girano il videoclip: tutto avanza in parallelo per arrivare ad emettere il primo segnale tangibile che BaseLuna è attiva.
Ah come vorrei che ci fosse Gianpiero...
Me le aspettavo, sia le battute sulla mia presenza in TV a Mezzogiorno in Famiglia, sia le domande "ma perchè lo fai? Cosa ci guadagni?". Anche i complimenti per la verità: quando ho accettato l'invito del Sindaco Rosa Leso, sapevo cosa facevo e l'apporto che avrei potuto dare grazie all'esperienza.
Mi rendo conto che la gente vede la facciata, la spagnola stangona e non sa le ore di attesa nei corridoi, il nervosismo dei ragazzi che devono cantare o ballare, l'imbarazzo delle domande a cui devi rispondere in 5 secondi.
Non si mettono in conto 14 ore di viaggio in pulmann o le levatacce o le rinunce allo studio o la giornata di ferie presa per partecipare.
E il soggiorno non è a Via Veneto ma dalle Suore Oblate o al Bonus Pastor in stanze doppie e la diaria di 30 euro per due giorni e mezzo per ripagare il panino in treno o in autogrill.
Perché lo fai?
Per lo stesso motivo per cui faccio il volontario alla Scuola di Musica come migliaia di altri fanno generosamente cose per gli altri nel sociale, nella cultura, nel lavoro: Perchè è utile alla città e alla sua gente e perchè in un mondo arrogante, egoista e meschino è un gesto di ribellione, anzi di più è un gesto "rivoluzionario" e un esempio etico di valore.
Non ho la vocazione al martirio, questo è certo, ma non vedo un futuro possibile se non ci liberiamo della patina di squallore che da venticinque anni ci infanga la vita, facendo cose concrete, azioni piccole ma azioni che cambiano il mondo in meglio alla stessa stregua di chi pianta un albero.
Non sopporto quelli che si lamentano seduti alla tastiera, quelli che "bisognerebbe", quelli che "nel contesto generale", e ho imparato a decidere al volo i miei "si" e i miei "no".
Quattro ore di presenza televisiva in "daytime" in un paese che elegge in TV e sui palcoscenici i propri governanti sono un valore immenso per la città anche se è così meschina da non capirlo al punto che so che in comune si dannano per trovare le persone che psartecipino ai giochi o semplicemente vengano a fare il tifo: al televoto la settimana scorsa ci ha battuto l'Isola d'Elba ! (la cantante avversaria veniva da lì e non era di certo più brava della nostra)
Eppure ne vale la pena, anche di fare la figura dello stupido che non sa che l'Elba è in provincia di Livorno e non di Grosseto perchè la prima ricompensa mi viene dai ragazzi del team: incitarli, incoraggiarli, prevenire i loro dubbi, sciogliere le loro tensioni e vederli felici di vincere, non ha prezzo.
Sono contento di aver convinto gli albergatori e i commercianti a pagarci il viaggio di andata e ritorno, mentre il comune paga il soggiorno, non per la cifra (850 euro per ciascuno) e non perchè il comune non avesse 1700 euro per farlo ma perchè volevo che fosse riconosciuto il valore di quello che gli 11 partecipanti stanno regalando alla comunità.
Ognuno di loro regala alla città un bene prezioso: tre giorni del proprio tempo, emozioni e adrenalina a kili (dovevate vedere le mani di Paolo come tremavano quando ha vinto la gara la scorsa settimana!), fatica e prove e ripetizioni e il caldo appiccicoso dello studio o l'odore dei pupazzoni di gommapiuma mai lavati.
Vincere è bello, tra l'altro è anche utile (il premio finale è uno scuolabus per la città) e comunque porta valore concreto in termini di visibilità e promozione turistica alla città che questo significa sviluppo e ricaduta su tutti.
La vittoria dipende in gran parte da fortuna, sennò che gioco è?, da una fortuita conoscenza della differenza tra un fungo e un calzare romano, da una stramba abilità a passarsi le mele o le uova guancia a guancia e comunque quando si vince è grande la gioia, come l'applauso finale dopo un concerto.
Ma noi abbiamo già vinto e ai ragazzi del team non mi stanco di ripeterlo, abbiamo vinto quando abbiamo accettato di partecipare: abbiamo vinto l'egoismo, abbiamo vinto le paure di fare "brutta figura", abbiamo vinto la meschinità di chi chiede "quanto ti danno", abbiamo vinto la fatica e lo sconforto.
In cuor mio sono convinto di aver fatto in questi anni cose ben più meritevoli per la città che non rispondere a dei quiz, ma il senso è uguale e in cuor mio qul calore e quel ringraziamento l'ho suddiviso sulle altre attività a cui mi sono dedicato, senza nulla togliere alla soddisfazione di aver guidato un team di ragazzi che non si conoscevano tra loro fino alla piena condivisione dell'obiettivo e alla vittoria.
All'ennesima richiesta "perchè lo fai?", l'altro giorno ho risposto "perchè questo è il mio modo di fare politica, di cambiare le cose, di non prendersi tanto sul serio da non saper cacciare l'individualismo con uno sberleffo, sapendo che nuove generazioni ti guardano e pensano, se lo fa lui, forse anche io...".
Stamattina riflettevo andando a Roverbella sul contrasto tra costruzione e distruzione.
Avevo in mente gli articoli letti online sulla situazione politica, su quanto questo modo di fare e di pensare sia lontano dal mio modo di pensare e di fare: non sono un bacchettone ma l'insulto, la protervia, il vaffanculo, l'arroganza, l'ignoranza delle regole, mi vanno proprio di traverso.
Si può distruggere tutto? Facile! Non ci vuole un genio: basta un energumeno con una mazza per distruggere La Pietà di Michelangelo, quanto a rifarla, quello stesso energumeno, penso abbia qualche difficoltà.
Non ho mai sopportato l'autoritarismo e pur essendo un decisionista, abituato a prendere decisioni e ad assumere responsabilità quando serve, non mi sogno di imporre il mio modo di pensare a chicchessia e penso con tristezza a chi mandò nei campi i professori e gli intellettuali, uccidendo sia loro che i raccolti.
Forse per questo non mi piace chi urla e sbraita e chi ha bisogno del "capo" per sentirsi forte, ho guidato un'azienda ma quando ho fatto l'assessore sapevo la differenza, ho militato in passato in un partito per scelta e mi fa orrore pensare oggi di "iscrivermi in una srl".
Penso alla fatica che stiamo facendo con l'assessore Veronica Vicentini a dare una sede stabile alla Scuola di Musica di Roverbella, a quanto sia arduo far ragionare, spiegare, convincere, trovare soluzioni, compromessi sensati per giungere al risultato di un bene più grande.
Ho la sensazione che stia prevalendo nella politica un "machismo" di gesti e di idee che a me fanno sembrare del tutto simili i celodurismi di bossi, le figate di berlusca e i vaffanculo di grillo (il minuscolo non è un errore) è da virile petto villoso "che traccia il solco e lo difende con la spada", la voglia di spaccare tutto, di devastare il palazzo buttando le scartoffie dalle finestre.
Si sa, nelle rivoluzioni per "difendere i più deboli" alla fine sono i più deboli a rimetterci di più, le caste e i banchieri sono già altrove quando arriva Zapata e immagino le piaghe sulle mani di chi dopo i combattimenti deve ricostruire con fatica ancora maggiore perchè l'imbecillità ha distrutto anche gli attrezzi.
Furono le donne di Solferino e Castiglione a recuperare lo scempio della battaglia voluta da re e imperatori maschi, curando indistintamente "amici" e "nemici", incapaci di accettare lo scempio della vita umana, la distruzione, loro che la vita la portano in grembo e con dolore la generano.
Una Grilla sarebbe stata possibile?
Ho avuto grande stima per figure rivoluzionarie femminili o di donne che sanno lottare come pochi per giuste cause e non ho mai trovato che anche nei momenti estremi le vere leader, perdessero l'elemento "femminile" della creazione, del bene più grande. Il loro motore non è l'odio, è l'amore come racconta un bellissimo libro di Stella Pende di più di venticinque anni fa.
Ho conosciuto molte donne manager e quelle proprio insopportabili erano quelle che scimmiottavano gli uomini, evidenziando le nostre goffaggini e i nostri difetti: il pugno sul tavolo, l'urlo, l'insulto, la cecità di fronte all'evidenza pur di non perdere il potere, e anche fra le donne "il cretino", che ti fa male danneggiando se stesso, è sempre in agguato.
Quelle brave erano sempre femminili anche quando dirigevano organizzazioni complesse, se poi erano anche madri avevano quel" certo non so che" in più che mi facevano pensare che noi uomini non avevamo alcuna possibilità di competere con la loro capacità sensoriale ed emotiva così accentuata.
No, una Grilla non sarebbe stata possibile, non per quello che sto vedendo oggi.
Noi "bambini" ridiamo al rutto e alla scoreggia, loro no: al massimo con commiserazione sorridono alla nostra volgarità comprendendo noi e condannando il gesto.
Osservo gli accadimenti e penso alle donne che in tempo di guerra lavoravano mentre gli uomini erano al fronte, metafora perfetta del contrasto tra chi realizza e chi abbatte, penso alle difficoltà delle famiglie in questi momenti di ristrettezze economiche e vedo mia madre che rammenda calze e aggiusta toppe, la nonna di Marina o l'Elvira che reggevano la sorte delle famiglie contadine e che nella miseria non dimenticavano di guardare al futuro facendo studiare un figlio o mettendo da parte qualcosa "per domani".
Nei momenti difficili, se devono prendere in mano le sorti di una famiglia devastata dal marito puttaniere o dal cognato ubriacone, sanno essere drastiche ma assieme al pudore hanno il senso dell'onore, che non permette di "far brutta figura" che non infanga il "buon nome" di famiglia, sanno che è un valore da lasciare in dote.
Vedo messaggi in rete che mi fanno rabbrividire, ma non voglio dialogare con gli invasati: l'ho fatto quando era il tempo e l'età, adesso, come dice un caro amico fotografo "Guardo e faccio".
Spero sempre che sul'orlo dell'abisso arrivi un attimo di saggezza e impedisca la catastrofe, ma siccome la fede non mi basta, costruisco giardini di musica, così come anche nei momenti più bui e miseri in casa c'era sempre un pizzo, un vaso di fiori, una goccia di profumo, un angolo di bellezza a ricordarci la nostra umanità.
No, una Grilla non la credo possibile.
Che giornata! Rientrando dal concerto per l'inaugurazione della Metro a Brescia vedevo la stazione di Piazza Vittoria ancora con capannelli di gente che faceva da corona ad una esibizione musicale e alla stazione di Brescia2 ho intravisto passando un coro intero.
Si perchè in tutte le stazioni c'era Musica a fare da contorno e arredo culturale all'evento, ma soprattutto musica di ogni genere: jazz, classica, contemporanea, DJ, cori, pop, solisti e gruppi ubiti dal racconto di una giornata speciale per la città.
Riflettevo sulla forza universale del linguaggio musicale e su come questo linguaggio sia tanto più forte quanto più esce dai luohi "tradizionali": ascoltare musica in discoteca o ni un teatro è, perdonate la semplificazione, una cosa "normale", ascoltarla eseguita dal vivo in una stazione della metropolitana o in una piazza o in giardino pubblico, la carica emotiva, narrativa ed evocativa della musica centuplica la sua forza.
L'ho visto oggi mentre suonavo, guardando il pubblico che scendeva le scale mobili e si voltava verso noi musicisti catturato da questo evento insolito, da questi suoni inaspettati, per di più con un brano inusuale come In C.
Dopo lo stupore, un flash negli occhi per dire "Ah sì, è ovvio, c'è l'inaugurazione della metropolitana" (come a dire che la musica è un evento eccezionale come un'inaugurazione) e poi li vedevi tornare indietro a fotografare, ad ascoltare, come richiamati dal pifferaio di Hamelin.
Basta un piccolo gruppo in una piazza, in un angolo, sotto un porticato, e subito una città distratta e frettolosa, si risveglia a rallenta il passo al battito della bellezza: la musica è potente, ti obbliga al suo tempo. Un quadro lo puoi guardare velocemente ma un brano musicale non puoi ascoltarlo a velocità quadrupla perchè hai fretta, il tuo tempo non conta, la musica ne diventa padrona.
Mi è capitato a Parigi in Place des Vosges, e poi in Olanda, e in Polonia e poi decine e decine di volte negli Stati Uniti o in Pusteria ed è quello che vorrei tanto per la città che mi ospita: che fosse piena di bellezza sonora.
Ma c'è un'altra dimensione che ho misurato oggi, che già sapevo ma che ogni volta che la magia si ripete, provo l'allegria dello stupore: si incontrano musicisti che non si conoscono ma bastano due note assieme che le distanze di riducono, basta un giro di blues o una "follia" cinquecentesca che subito si crea uno spazio condiviso, un mondo nuovo che non appartiene a nessuno ma è immediatamente di tutii quelli che suonano.
Basta guardare questo video ripreso al volo fuori dal bar dove facevamo una pausa prima del concerto: due violoncellisti, un tastierista e mio nipote Alberto con un flautino che si mettono a suonare Bella Ciao senza essersi conosciuti prima, senza aver provato con l'intesa che scatta immediata.
La musica è sintetizzata in quel video: complicità, allegria, rivoluzione, durata nel tempo, ascolto reciproco.
L'Italia che ha dato alla musica il linguaggio, gli strumenti più belli e preziosi, dovrebbe esaltarla in ogni angolo e luogo e se avesse guardato gli occhi dei ragazzi che hanno suonato oggi, avrebbe visto l'orgoglio di aver fatto qualcosa di bello e importante per sé e per gli altri. Eh sì, la musica è un fatto sommamente egoistico e al tempo stesso altamente generoso, fai musica e ti gongoli nella tua "potenza" nel produrre suoni, ma nel momento che li emetti, non ti appartengono più, sono nell'aria, appartengono a tutti.
Mi arrabbio quando sento dire "non abbiamo i soldi" in risposta a progetti musicali presentati a questo o quel comune. "Non abbiamo soldi" è una risposta comoda, sbrigativa, apparentemente inconfutabile eppure profondamente falsa.
La risposta più onesta sarebbe "non te li voglio dare, perchè non ho capito bene a cosa serve" e dato che a nessuno piace vergognarsi di non capire la musica, ecco pronta la scusa dei soldi.
L'ho sentito ancora in questi giorni, "lo sai che se avessimo i soldi lo faremmo",scusa plausibile e apparentemente "oggettiva": in realtà sarebbe più onesto dire "Non capisco dove sia il vantaggio" perchè se uno capisse il valore della collaborazione, dell'ascolto, della disciplina, che sono dentro ogni occasione musicale,scoprirebbe che la musica è un investimento straordinariamente conveniente ed efficace.
Con che metro si misura la piacevolezza che abbiamo ingenerato oggi? Con che metro razionalizziamo il piacere puro dei musicisti che da precedentemente sconosciuti passano a condividere una melodia o un pentagramma.
L'ho visto accadere con le duemila persone che affollano il festival dei cori a Sesto, l'ho rivisto oggi con i con i 45 musicisti di Brescia Suona in Do: la musica è il tritacarne del sospetto emotivo che non scompare ma viene fatto a pezzi e insaccato come un salame che si potrà, per chi vuole, pur sempre consumare in seguito. Una partitura da suonare assieme, un brano conosciuto da entrambi ed ecco che vedo crollare dogane, barriere, distanze, annullate da sguardi d'intesa e da partenze comuni segnate da un respiro.
Bello il WiFi, senza dubbio utili gli HotSpot ad accesso libero: ma quanto sarebbe più civile una città in cui suonare non richiede permessi, anzi, sei invitato a farlo se puoi abbellire lo spazio circostante, una città in cui tutti i generi trovano cittadinanza come la trovano gli esseri umani senza distinzione di sesso, religione e colore della pelle.
Una città di musica è una città che progredisce recuperando la nostra umanità ed è un'apparente contraddizione guardare al futuro e al passato contemporaneamente ma la musica è così da sempre: mistero e follia.
Ed è proprio alla "follia" della musica che pensavo stasera, solo metro con cui misurarla. La follia è un tema musicale di origine portoghese (qui lo schema preso da wikipedia inglese) su cui si basava un'improvvisazione che accompagnava danze e, pare, riti di fertilità (follia si dice anche in segno di dispregio rispetto alla musica "vera" suonata in chiesa), e comunque un tema noto su cui qualunque musicista trovava il suo linguaggio universale per aprire un dialogo con un altro musicista.
E' successo anche oggi con i due ragazzi del conservatorio di Milano che suonavano in fianco a me e che hanno attaccato la Follia di Corelli, ma che è la stessa di Vivaldi, di Marais, Geminiani, e di cento altri, a ci ha immediatamente accomunati come un giro di blues di 500 anni fa che ancora svolge la sua funzione di far ballare con i sonagli ai piedi i "pazzi" di questo mondo.
A loro dedico la versione più sonora e maestosa della rielaborazione del tema della Follia fatto da Haendel per la sua Sarabanada (chi ha visto Barry Lyndon la ricorderà) che riascoltai a Parigi sotto i volti di Place des Vosges suonata dai ragazzi del vicino conservatorio e mi rapì per insegnarmi che il metro della musica non è nè quello del tempo né quello dello spazio ma quello dell'irragionevole.
Da parecchio tempo non andavamo alla Goccia di Montonale a mangiare e oggi Marina lo ha scelto per festeggiare il compleanno di Lucia: ottima scelta davvero.
Il locale è completamente rinnovato e il menu pieno di proposte appetitose e poi i proprietari che sono tornati ad esserne anche i gestori, sono gentilissimi e ospitali.
Noi abbiamo optato per il pesce con un generoso antipasto di crudo veramente ottimo, soprattutto per i gamberoni.
Saltati i primi, già con l'antipasto stavamo bene, abbiamo optato per una grigliata mista con anche un assaggio di frittura e anche qui nulla da dire: tutto ottimo.
Forse la menzione speciale spetta al fritto, croccante e saporito e per nulla unto.
Buono anche il lugana Muntunal che abbiamo scelto.
Ci torniamo di sicuro.
Mi piace moltissimo fare regali (anche riceverne, s'intende) ma oggi per la prima volta ho fatto IL regalo, nel senso che il regalo ero io.
Qualche settimana fa la moglie di Pinuccio, mio amico d'infanzia che non vedo da quarant'anni, mi ha contattato su Facebook per mandarmi una foto che ha ritrovato tra le vecchie immagini (quella con i pantaloni a zampa d'elefante) e mi ha chiesto se nel mio spostamento da Desenzano a Sesto potevo fermarmi da loro a Rovereto per fare una sorpresa a Pinuccio che compie 60 anni dopodomani.
Paola e la figlia hanno architettato tutto a sua insaputa e oggi quando ci siamo trovati al ristorante è stata grandissima la sua sorpresa e la sua gioia (anche la mia, ovviamente) nel vedermi ed è stato un magnifico flashback con ricordi che si allacciano e immagini sbiadite che tornano vivide.
Sua madre, che chiamavo "Mamma Tea" era una sorta di seconda mamma per me negli anni a Vigo di Fassa in cui le nostre famiglie vivevano nella stessa caserma dei carabinieri e poi quando loro si sono trasferiti a Rovereto e noi a Montichiari, siamo rimasti in contatto finchè mia mamma andava a trovare mamma Tea e poi Pinuccio si è sposato e poi ...
Poi ci sono le "coincidenze": la figlia suona il violino in un'orchestra e il suo fidanzato è di Lonato, il loro cane si chiama Blue (è maschio però) e Pinuccio e Paola hanno un'azienda cartotecnica e guardacaso sto cercando una soluzione per il packaging dei dischi per il nuovo progetto di Doc. Ma questa è un'altra storia...
Insomma oggi ero "un regalo" e mi è piaciuto anche perchè mi sono regalato una bellissima giornata.
Oggi ascoltavo affascinato la lezione di Carlo Boccadoro sulla musica di Bruno Maderna ed ho scoperto un grande compositore, ne ho seguito il percorso storico, ne ho compreso l'estetica e il valore che lo pongono tra i grandi della musica del nostro secolo.
E' di certo una grande occasione, anzi, un privilegio, ascoltare le lezioni di Carlo e mentre lo ascoltavo continuavo a pensare a quelli che più volte hanno messo su Facebook l'immagine del grande violinista Joshua Bell che suona nella metropolitana ma nessuno se lo fila e seguono commenti ironici e indignati sull'incapacità della gente di apprezzare il talento se non c'è l'enfasi markettara che lo esalta.
Con il maestro Boccadoro è lo stesso, se ci fosse una cultura diffusa dovremmo fare lezione in teatro per ospitare gli uditori ma non accade perchè, in fondo ,chi biasima quelli che ignorano Joshua Bell poi ignorano Carlo Boccadoro a loro volta, bravissimi nello stigmatizzare l'ignoranza altrui non riconoscendo la propria.
Con una punta i egoismo dico "io c'ero" e guardo gli altri amici che sono qui e so che loro stanno apprezzando e sono felici di quanto accade alla Scuola.
Per gli altri... ci stiamo lavorando, anzi è proprio per questo che Carlo viene volentieri da noi.
Il mio intervento di ieri a Verona su cultura e cambiamento è stato anche un'occasione per riflettere su questa campagna elettorale, sui temi che mi pare di cogliere, sulle tante suggestioni che ho raccolto. (si vede anche dallo sguardo fisso, ascolto Demetrio e penso a cosa significhino il suo e mio intervento in quel contesto).
A fronte di discorsi densi di "buoni sentimenti", mi pare ancora forte il distacco tra chi opera realmente quotidianamente per far funzionare le cose, per organizzare un'impresa o una cooperativa e ho la sensazione che la politica in generale faccia fatica a parlare di progetti reali.
Per assurdo mi pare che la politica sia stata travolta da una collettiva "sindrome del piagnisteo" in cui si parla solo di ciò che non va in questo paese e si esalta il senso di catastrofe imminente che alimenta i radicalismi grillini per cui è meglio radere al suolo il parlamento, in perfetta assonanza ideologica e di linguaggio con leghisti e fascisti.
La penso come Franco Battiato che non giusto parlare di "pericolo" Grillo quando ben più pericoloso è il mafioso ritorno di B che rischia di portarci al definitivo sfacelo, il grillismo è insopportabilmente ottuso (come lo era il leghismo dei primi giorni) animato da buoni motivi e che ha portato a guidare comuni e in parlamento qualche brava persona e un sacco di mezze tacche.
Non mi piace chi pensa alla politica come slogan in piazza, se ero a Verona a parlare, è perchè credo nel dialogo, se voto PD convinto non è per il male minore ma perchè non ho visto nessun altro movimento o partito, credere così fermamente nella democrazia, da giungere spesso all'autolesionismo.
Vedo i limiti, gli apparati duri ad andarsene, ma vedo anche la testardaggine del non rinunciare agli ideali di fondo di cercare di "tenere assieme" il sistema paese, di non puntare allo sfascio.
Ho l'impressione che con Renzi candidato oggi il PD avrebbe meno grattacapi ma è la forza della democrazia: è stata una scelta libera di chi ha votato e va rispettata e lo stesso Renzi sta dando una lezione di stile che altri dovrebbero prendere ad esempio.
C'è una forte domanda di discontinuità, di nuovi modi di fare le cose, di nuovi linguaggi, di aria nuova.
Mi pare significativo lo slogan di Ambrosoli se penso alla campagna che realizzammo per l'elezione del sindaco a Desenzano, la medesima forte promessa: il cambiamento.
In fondo vincere le elezioni è facile: basta avere un candidato onesto e credibile e impegnarsi a rispondere al bisogno profondo che si coglie negli animi di una collettività.
E' ovvio che se la promessa non verrà mantenuta davvero, con fatti concreti, la gente reagirà con veemenza e il conto da pagare sarà molto salato.
Ma è anche vero che se non si raccoglie la sfida del cambiamento, se non se ne comprende il potenziale di innovazione, poi non ci si deve sorprendere se un outsider arriva a superare il 20% dei voti.
So bene che un sindaco deve fare i conti con risorse limitate, che chi governa una regione tenere a bada pressioni e spinte, che un politico alla guida di un paese deve saper tessere alleanze e trovare compromessi accettabili pur di far progredire una legge, ma non mi pare una scusa sufficiente: c'è un'impellenza di segni di coraggio, di fiducia in un mondo diverso e possibile, di trasparenza di animi e non solo di procedimenti, di sguardi che progettano a lungo termine mentre risolvono l'emergenza dell'oggi.
Ho ascoltato storie di associazioni che leggono libri agli altri perchè l'ignoranza non prevalga, ho ascoltato il racconto di una gallerista che sopravvive in una città che ha chiuso il museo di arte moderna, ho raccontato la nostra avventura che accende il futuro con la musica, ho ascoltato il discorso appassionato di Simona Marchini che non si pente di aver sempre lottato, e pagato, per non vendere l'anima di ciò in cui si crede.
C'è molta gente che non smette di piantare semi per domani.
Ho tre dischi sul ministereo a fianco del letto dove ascolto con naggiore calma mentre leggo: Enrico Dindo e i suoi concerti di C.P.E. Bach,ottima incisione, grande grinta e la scoperta di C.P.E. Bach che non è noto quanto Johan Sebastian
la Quinta Sinfornia di Bruckner diretta e commentata (ho preso il CD apposta) da Benjamin Zander che ancora devo ascoltare,ma che ho scelto proprio perchè di Bruckner non ho mai ascoltato nulla e ne ho letto aneddoti qui e là.
Ovviamente dopo la scorpacciata di commenti di Zander alle sinfonie di Mahler, l'idea di ascoltare la sua spiegazione e guida alla sinfonia mi intriga tanto che ho anche ordinato il cofanetto con tutte le sinfonie di Bruckner che però deve ancora arrivare.
la Nona sinfonia di Mahler diretta da Dudamel con la Los Angeles Philarmonic e al primo ascolto mi sembrava così diversa dalle esecuzioni di Bernstein e Zander che conoscevo da farmela sembrare "insolita".
Adesso, dopo un paio di ascolti, comincio a sentire sfumature, strumenti, sottolineature che non avevo ascoltato prima e questo è il bello di questa esecuzione: capisci come un direttore faccia la differenza.
Non riesci a lasciarlo questo libro, una volta che lo hai iniziato devi finirlo per forza: è l'ultimo della saga dell'ispettore Petra Delicado di Alicia Gimenez Bartlett, Gli onori di casa.
La storia non è "forte" come in altri suoi romanzi ma i due personaggi, soprattutto il viceispettore Garzon, in questo libro esce alla grande.
Soprattutto cresce il profilo della Delicado che a volte è proprio antipatica ma subito si umanizza e crea un modello di donna non mascolina, anche se beve come una camionista, ma certamente non sottomessa.
E poi c'è tutta la bellezza dei libri Sellerio... chi li conosce ha già capito.
Una curiosità.... gli spagnoli attribuiscono agli italiani qualità che gli italiani non si riconoscono.
Mi piacciono proprio i libri della Kellerman, e approfittando della pace Sestese mi sono letto Kippur, il terzo della serie (adesso me ne manca solo uno).
Come con tutti i grandi giallisti, da un libro all'altro segui i personaggi come in un serial televisivo, ne impari le voci e i modi di fare e soprattutto, familiarizzi con un ambiente: la Barcellona di Montalban, la Vigata di Camilleri, i bar di fronte al commissariato della Bartlett.
Con la Kellerman entri nella comunità ebraica americana, ne impari le usanze, le espressioni gergali,ne segui i ragionamenti e... stasera attacco l'ultimo.
Ho trovato una lezione di Bernstein che spiega Mahler ai bambini di New York cinquant'anni fa.
Un gioiello.
Dopo 35 anni si festeggiano le "nozze di giada", almeno stando a una richiesta generica su Google.
E' facile il gioco di parole: già da 35 anni?
Eppure non me ne rendo conto o almeno non riesco a tradurre gli anni con Marina in un numero.
Stando a wikipedia "Secondo la tradizione, alla giada si riconoscono proprietà calmanti, rasserenanti e lenitive degli stati d'animo turbati. Come tutte le pietre verdi e rosa, è legata al 4º chakra, quello del cuore.
La giada viene definita la pietra dei medici in quanto aiuterebbe a calmare il cuore e a trovare la giusta compassione per prendere le giuste decisioni."
Mi pare che tutto coincida: il legame con il cuore, la serenità, la cum-passio, il sostegno per compiere le scelte più corrette.
Di certo è che so di aver preso 35 anni fa la giusta decisione.
Nel venire a Sesto facciamo tappa per pranzo al Moar a Vila di Sopra,(a sinistra al bivio di Percha) caldamente raccomandato da mio fratello.
Ottima cucina casalinga pusterese, test kaiserschmarren superato brillantemente, atmosfera da maso di montagna.
Ma il tocco di "genio" è alla fine: il padrone ci consegna biglietto da visita, un libretto con le tre ricette importanti e un pieghevole con la storia del posto.
Quante volte l'avrò detto che la genbte mangia "storie", ascolta "racconti", che i prodotti e i servizi delle aziende di successo sono "narrazioni"?
Ed ecco qui un posto semplice che immediatamente si "mitizza", guardi con altri occhi la stube che scopriamo essere del 1360, leggiamo la storia del maso che parte dal 1296, leggiamo la fiaba del primo gestore che scopre una pentola d'oro sotto il camino grazie all'indicazione di una fata incontrata a Innsbruck... da restare a bocca aperta per la capacità di "marketing" di questa gente.
E poi che la famiglia lo gestisce da 20 (!) generazioni, il riconoscimento ufficiale di "maso avito", insomma, siamo in un posto speciale e tutto contribuisce a creare la sensazione che ti porti a casa.
Sarebbe bastato il cibo? No,ci sono decine e decine di posti dove si mangia ottimamente a prezzi modici. Il cibo è marginale? Ovviamente no, lo scopo del posto è ospitare gente che desidera un buon pranzo, ma è l'insieme che rafforza i singoli elementi e sono i singoli elementi che sostengono l'insieme.
Basta un'occhiata veloce al loro sito per ritrovare l'immediatezza della comunicazione, perfettamente coerente con il cibo e l'atmosfera: come dire? Verità e fiaba si incontrano e non sono antitetici.
Una lettura più dettagliata mostra che il sito e i testi sono realizzati da professionisti, altro segno di intelligenza: capire che il "fai da te" non è sempre la scelta migliore, ovvero, se sai fare la minestra d'orzo in modo eccellente non significa che sai anche fare un sito web. Ahimé, quanti ne conosco ...
Antonio Gramsci era nato il 22 gennaio 1891 e quindi oggi sarebbe il suo compleanno.
Stamattina Marina mi ha letto questo brano che è davvero attualissimo anche se scritto nel febbraio del 1917.
INDIFFERENTIOdio gli indifferenti.
Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza.
Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti.
Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo.
Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa.
Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile.
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti.
Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini.
Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Grazie a Luca ho conosciuto questo filmato che racconta una bella storia: quella dell'invenzione, tutta italiana, del primo personal computer della storia, La Programma 101 della Olivetti.
Narrato dalla voce di due dei progettisti originari, è un racconto che la dice lunga sull'inventiva, il coraggio, la forza delle idee, ma anche sulla stupidità e la cecità di chi allora non capì che dietro alla tecnologia dell'informazione c'era una possibilità straordinaria.
Guardate il filmato, dura 52 minuti, c'è anche un piccolo accenno alla visione di Adriano Olivetti, alla avida cecità di Mediobanca di allora simile a molte banche di oggi, e pensate al presente: ci sono quei visionari? Certamente, Ci sono ragazzi di 19 anni in grado di pensare in modo diverso da tutti gli altri? Ma sicuramente sì! E ci sono anche imprenditori che ne sostengono gli sforzi e che scommettono su di loro.
Ma sappiate anche che tra i candidati alle prossime elezioni ci sono persone che non hanno ancora capito e che vorrebbero governare come se la storia non avesse insegnato nulla.
Buona visione.
Non sopporto i magistrati in politica.
Con Di PIetro ne abbiamo avuto la prova e ora con Ingroia credo sia anche peggio: hanno un senso di potere assoluto, di giudicare il bene e il male che li rende pericolosi quanto i genereali golpisti.
Non sopporto il qualunquismo in politica.
Non c'è differenza tra Grillo che dice "basta, euro, basta, sindacati,
noi ci siamo ridotti lo stipendio" e "fora i teroni dal nord", "Roma
Ladrona", "aboliamo l'IMU", "basta tasse!"
Non sopporto i Radicali che danno lezioni e poi.
Finiscono come Capezzone a strisciare come i peggiori leccaculo, finiscono con i fascisti per quattro voti, diventano dei babbioni come Rutelli.
Non sopporto quelli che si incazzano con Monti.
Ma non hanno mai pagato una lira di tasse perchè hanno sempre lavorato in nero.
La scorsa settimana a Sesto ho rinnovato la carta d'identità che stava scadendo: sono già passati dieci anni e non me ne rendo conto.
Se non ci fosse l'ufficialità del documento direi che ne sono passati forse la metà e la riflessione sullo scorrere del tempo va e viene da qualche giorno.
L'altroieri ho letto che iTunes compie 10 anni: ma come? "Solo" 10 anni? Si direbbe che iTunes ci sia da molto più tempo, è così lontano il tempo in cui la musica era solo nei concerti e sui dischi.
E in 10 anni tutto è cambiato, forse non proprio tutto, ma tanto certamente.
Poi ieri ho rivisto i filmati di Francesco Testa e Cristina Lastrego che preparano il loro nuovo gioco animato e sono identici a come li ho conosciuti quando abbiamo passato una bellissima giornata a casa loro sulle colline del Roero.
Una verifica veloce: Tommasone Cyberpoliziotto è del 2000, quindi ci siamo conosciuti l'anno prima... sono passati più di dieci anni eppure loro sono esattamente come li ho conosciuti: come i loro personaggi, Tommasone, Ciccio, Giovanna, il Barone Gualtiero, eterni nel loro mondo di fiaba.
Il tempo non ha eguale velocità e non c'entra Einstein, forse c'entra la nostra percezione della vita, o forse il fatto che enumerare in anni il fluire di molte emozioni è semplicemente privo di senso: come misurare in anni un'amicizia? Come pesare con numeri il mio ritorno alle radici profonde dell'infanzia?
I personaggi dei libri sono senza tempo, come tutte le opere d'arte e le persone che non ci sono più: mio papà ha sempre gli stessi anni nella mia memoria, e Gianpiero e Stefan e ora anche Luciano.
Rigiro la carta d'identità e leggo la scadenza: 8 marzo 2023. Come sarà? Come sarò? Ci sarò poi? Chi mancherà all'appello?
Ho voglia di ascoltare musica possente che mi dia il senso di tutto ciò, non una risposta, ma solo la lucida consapevolezza del fluire di qualcosa di smisurato o meglio di non misurabile.
Oggi mi ha scritto Francesco Testa per annunciarmi la pubblicazione della loro app di animazione Identikat.
Ovviamente l'ho subito scaricata e installata sull' iPad e raccomando a tutti di fare altrettanto: 89 centesimi spesi benissimo (il link se volete è qui).
Nelle illustrazioni di Cristina Lastrego c'è una poesia e un'eleganza straordinarie che emergono da scenari sontuosi come è giusto che sia in tutte le fiabe.
Li ho conosciuti di persona alla Fiera del Libro di Bologna quando ero nella giuria dei primi sofware educativi assieme a Warren Buckleitner di Children Technology Review (che tra l'altro ha appena dato il riconoscimento di Editor's Choice Award proprio a Identikat).
Da allora siamo diventati amici, abbiamo realizzato assieme il Tommasone Cyberpoliziotto, il libro sulla sicurezza informatica per bambini, con i miei testi e i loro disegni.
Sono anche stato a trovarli un paio di volte a Torino e abbiamo parlato di tanti progetti e di evoluzione della tecnologia e comunque ci sentiamo di tanto in tanto per farci gli auguri.
Avere amici così è un vero privilegio.
P.S. Il video del backstage di identikat è delizioso.
Una domenica di piacevolezze: un pranzo con gli amici e poi stufa accesa, Mahler in sottofondo e un buon libro che non ho più mollato fino alla fine.
Miele di Faye Kellerman è un bel giallo (è il seguito de Il Bagno Rituale) in cui si familiarizza con i personaggi come capita con tutti i grandi giallisti: più che la storia ci piace seguire i ragionamenti di Pepe Carvalho, del commissario Montalbano, di Pedra Delicado o, come nel caso della Kellerman, dell'agente Peter Decker della polizia di Los Angeles.
Il racconto è intrecciato con la storia d'amore del "nostro eroe" con la bella Rina e con la sua relazione con la comunità ebraica.
Lettura perfetta per una giornata di piacevolezze, non mi sono nemmeno accorto delle oltre 450 pagine.
Invece dei soliti petardi c'è un'applicazione per iPad che simula i fuochi d'artifico ed è gratuita PER OGGI.
Non è sofisticata ma almeno non si rischia di scottarsi.
https://itunes.apple.com/us/app/real-fireworks-artwork-4-in/id489155416?mt=8
Graceland, un album che ha segnato la soria della musica compie 25 anni.
C'è tutto dentro: il suono (il tecnico era Roy Halee, uno davvero bravo) la timbrica dei gruppi locali, ma anche l'integrazione rispetto all'Apartheid, la funzione politica della musica, come dice Simon in un altro video, non per i testi o per la "predica" ma per il solo fatto di vedere sul palco persone di diversa cultura e suoni di diversa origine mescolarsi.
Una sintesi della potenza della musica che scavalca distanze e pregiudizi.
Ho trovato un bel filmato che racconta il significato storico musicale di quell'album e vale la pena di guardarlo.
Ho appena imparato che il temine "Goat Rodeo" si riferisce a una situazione caotica in cui per uscirne "vivi" bisogna che 100 cose vadano bene e si incastrino una nell'altra.
Goat Rodeo è anche il titolo dell'ultimo album di Yo Yo Ma che vorrei prendere ma...
Non sempre mi piace il bluegrass, forse perchè richiede un virtuosismo per me inavvicinabile, ma questo nuovo album di Yo Yo Ma (nominato per il Grammy come migliore registrazione oltre che migliore album di bluegrass) mi intriga, almeno un paio di pezzi mi sembrano davvero belli e non c'è solo bluegrass ci sono davvero molti generi mescolati.
Se lo ascolto mi viene da dire che è bellissimo, se ascolto le interviste nei video (eccellenti) intuisco che dietro al puro e semplice bluegrass c'è in realtà il lavoro di quattro bravissimi musicisti e come dice uno di loro nel video "non c'è genere, c'è solo bella musica", ma il banjo e il mandolino....
Che faccio lo prendo?
Questa è la versione del video su VEVO, un sito che non conoscevo. Proverò anche questo.
Preparare il presepe qui a Sesto è un gesto rituale che mi dona molta serenità e mi unisce emotivamente ai miei affetti più cari.
Chiesi esplicitamente il primo pezzo, la capanna con la Madonna, S.Giuseppe e il Bambino, a mia madre come dono per il Natale di alcuni anni fa, sapendo che quando fosse poi mancata, ogni anno l'avrei ricordata in modo speciale.
Qual momento è arrivato.
Nata il 20 dicembre del 1920, l'atto fu registrato il 24 per cui "ufficialmente" quella era la sua data di nascita e il Natale era sempre l'occasione per un doppio augurio.
Questo è il primo Natale senza di lei e sono felice di averle chiesto quel regalo e di allestirlo in suo onore.
Mio padre invece aveva il compito di mettere la figurina del Bambin Gesù la mattina del 25 ed è un gesto che da quando io e Marina ci siamo sposati, ho sempre ripetuto ricordandolo e per il presepe a Desenzano ho affidato il compito a Giulio che mi ha sorriso nel ricevere l'investitura.(La figura del Bimbo l'ho messa ora un attimo per fare la foto ma la tolgo subito)
Anno dopo anno il mio presepe degli affetti si è arricchito di personaggi donati dagli amici più cari a cui chiedo esplicitamente di regalarmi una statuina di Thun per avere anche loro qui con noi la sera di Natale: l'ultima arrivata è la bella spagnola che quasi completa il gruppo di donne del mondo.
Ovviamente non ci sono tutti i miei affetti più cari, ho ancora molti amici del cuore a cui chiedere il dono, ma questo piccolo rituale che auguro un giorno ai miei figli di ripetere, mi unisce al grande mondo dell'amicizia che è una delle ricchezze più grandi che possiedo.
L’innovazione non è l’adozione di tecnologie. La riorganizzazione non è l’abbassamento dei costi. La leadership culturale è la trasformazione dell’azienda fondata su una grande visione e un’ottima capacità di cogliere le opportunità offerte dalla tecnologia per realizzarla.
Come al solito, Luca De Biase sintetizza in modo mirabile.
http://www.magneticmedia.com/thor/thor.html
Bello avere a che fare con gente intelligente!
Con la lezione su John Cage, inizia sabato mattina il corso del maestro Boccadoro sull'ascolto musicale.
Se volete farvi un bel regalo per Natale, spendendo una cifra più che ragionevole (45€ per un ciclo di tre lezioni come uditore) questa è l'occasione giusta: cosa c'è di più illuminante di capire la musica del nostro tempo.
Se poi volete regalare la partecipazione a una persona che vi sta a cuore, alla segreteria della Scuola trovate le Gift-Card da personalizzare.
Potete prenotarvi sulla pagina Facebook dell'evento, telefonare, o inviare una mail a segreteria@scuoladimusicadelgarda.it
Domenica prossima facciamo una recita speciale pre-natalizia del Qui Per Caso Quel Giorno, il racconto della battaglia di San Martino e Solferino.
Sarà l'occasione per un aperitivo, per farsi gli auguri, per ascoltare una bella storia, per mangiare bene... fate voi.
Intanto segnatelo in agenda: Domenica 16 dicembre ore 11.00 Cascina Capuzza
Dopo la due giorni di prove d'orchestra in cui abbiamo verificato la rispondenza sonora dello spazio (con i commenti soddisfatti di chi ha suonato), è in corso ora un nuovo importante test.
Stefano Castagna con la band di Paolo Tognola sta sperimentando una registrazione quasi "live" che si completerà con un live vero e proprio con tanto di pubblico. (dovrebbe essere in corso proprio adesso)
Stiamo cercando una risposta concreta a molte domande tecniche sulla qualità della registrazione, su come dare opportunità effettive ai gruppi emergenti di come realizzare prodotti sonori e visuali impeccabili a un costo abbordabile.
Nei prossimi giorni valuteremo con Stefano i risultati effettivi e proveremo a declinare "cosa abbiamo imparato".
Non è la ricerca del Bosone di Higgs ma è comunque una ricerca importante per la musica e per i tanti artisti del mondo DOC (e non solo) per i quali la stiamo svolgendo.
Mentre al piano di sopra erano in corso le prove d'orchestra e nell'aula accanto c'era una lezione di pianoforte, i quattro insegnanti di strumenti a fiato stavano provando un brano assieme.
La giornata di venerdì è stata tutta così: musica di ogni genere in diversi momenti, un rimbalzare di suoni e strumenti.
E' proprio così che vive quel posto speciale.
Qualcuno pensa che la "sparata" berlusconiana sarà un ulteriore elemento che spingerà alla vittoria il centrosinistra quasi che il "tanto peggio, tanto meglio" sia un approccio su cui fare affidamento.
Da quello che leggo credo invece che siamo di fronte a un fatto molto grave e preoccupante dove gli interessi di parte prevalgono sul senso collettivo e dove alla serietà di cui 'c'è estremo bisogno si contrappone il populismo che fa leva sugli istinti bassi piuttosto che sulla ragione.
Non è un colpo al Pdl, e quindi un vantaggio per il centrosinistra, è un danno alla dialettica, alla democrazia rappresentativa: come potranno sentirsi rappresentati quegli elettori moderati, laici, liberisti che non sono dei baciapile da UDC (ma nemmeno vedono di buon grado la sinistra) e che hanno sperato di vedere il Pdl tornare ad essere un partito vero, dove scegliere i rappresentanti, dove votare, come ha detto qualcuno, significa non avere vergogna dei propri candidati.
Non va bene che ci si dimentichi come siamo arrivati alla crisi che ci attanaglia, non va bene che ci si dimentichi di puttane e minorenni, di ruberie e scandali, non va bene che non si tenga conto del prestigio appena faticosamente ricostruito a livello internazionale e non va bene che si affossi una legge elettorale che restituisca, almeno in parte, ai cittadini la sovranità di decidere chi li rappresenta e nel contempo una maggioranza che possa governare.
Non va bene che le alleanze siano ancora tra i "basta tasse" e i "fora i teroni dal nord" che fanno da specchio, guarda caso, ai demagoghi dell'ultimo minuto, che riportano indietro di decenni il livello della discussione politica e il rispetto delle istituzioni.
Le primarie del PD erano state una dimostrazione oggettiva di un percorso possibile per la democrazia di ritrovare i propri capisaldi, a sinistra e a destra indistintamente, e anche le primarie del M5S vanno nella medesima direzione.
Buttare all'aria il tavolo del dialogo, per riproporre un modello in cui il capo decide chi vuole lui è un danno per tutti, anche se, come spero, perderà perchè comunque in parlamento siederanno rappresentanti non di cittadini ma di un misero caudillo a cui sarà impossibile partecipare all'elaborazione di un progetto collettivo che anteponga il bene comune alle faccende personali.
Non va bene e non vedo ergersi a destra una voce che dica: adesso basta. Non vedo il decoro e la compostezza mettere da parte la cialtroneria e se ripenso a quegli uomini di destra con cui ho dialetticamnete dialogato, con cui ho collaborato in consiglio comunale avendone e guadagnandone il rispetto, ho grande compassione per loro.
Li vedo come naufraghi impossibilitati a salire su una barca di briganti.
Lo avevamo detto, progettato e realizzato 18 anni fa con il progetto Onde: si può fare scuola in modo diverso, si DEVE se vogliamo dare un futuro ai nostri figli e le tecnologie dell'informazione permettono di ripensare il modo di fare scuola, sia nei grandi istituti che nei piccoli centri, consentendo anche alle piccole scuole di fare cose incredibili.
Oggi Quinta mi ha invitato a visitare il liceo Lussana a Bergamo (invitato è un eufemismo, mi ha detto "devi assolutamente venire a vedere" e se lo dice lui bisogna credergli) e ho visto realizzato di nuovo quello che qui è stato pian piano smontato da chi resiste al cambiamento.
Come se l'innovazione avesse un'urgenza vitale propria che, uccisa in un punto, la fa spuntare più forte di prima in un altro punto.
Partiti da un altro punto di vista, quello della didattica cura (noi eravamo più interessati all'impatto sociale dell'apprendimento) siamo arrivati alle medesime soluzioni, come due montanari che arrivano allo stesso rifugio partendo da approcci e con sentieri molto diversi.
Ho visto aule dove i ragazzi non hanno libri tradizionali, ma solo iPad, e dove l'interdisciplinarietà degli insegnanti incoraggia il lavoro di gruppo.
Ho visto eBook prodotti al posto delle ricerche tradizionali, ho visto ragazzi che non cazzeggiano, che interagiscono, curiosi, a loro agio con i visitatori e se interrogati rispondere con grande tranquillità e proprietà di linguaggio.
Ho anche scoperto che Quinta è il Presidente di un'associazione che si chiama Impara Digitale che sostiene queste iniziative.
Ho visto la presentazione di una relazione sul clima e l'impatto dei gas serra, da parte di tre ragazzi di una prima classe mentre gli altri prendevano appunti.
Mi ero messo in fondo all'aula apposta per vedere cosa succedeva in classe con tanti tablet: non ho visto nessuno giocare a solitario o vagolare in internet o su Facebook.
Merito del lavoro in team e della logica della collaborazione tra pari che motiva senza bisogno di continui richiami.
L'anima del progetto è Dianora Bardi, un'insegnante di lettere che con determinazione ha sviluppato il progetto e oggi ne racconta i modi e i successi illustrando dati e metodologie: valutazioni e confronti con classi "tradizionali", esami di allievi che da due anni non usano libri di testo che arrivano alla maturità con una commissione tradizionale, con gli stessi compiti degli altri, che superano l'esame con sei punti di media più degli altri.
La prof. Bardi ci racconta del metodo, del ruolo determinante della progettazione didattica e di quello importante ma secondario della tecnologia: la tecnologia rende possibile una visione.
Oggi ci sono 9 classi che seguono il nuovo approccio (che tra l'altro ci allinea con gli standard europei) e l'effetto su tutta la scuola è evidente: iscrizioni raddoppiate, attenzione e reputazione che attirano collaborazioni, sponsor, opportunità.
Un cambiamento che si estende, che pone sfide organizzative non da poco, ma che non spaventano, grazie anche al fatto che, mi diceva Damiano, c'è un preside che ha una capacità di motivare, innovare e gestire straordinaria.
Manderei certamente qualce amico insegnante titubante a visitare il Lussana e a parlare con la prof. Bardi, ci manderei anche qualche insegnante sfiduciato sulla possibilità di cambiare e quelli che "vorrei ma non so da che parte partire".
Intanto ho invitato il Quinta a visitare la Scuola di Musica dove, con un altro percorso, stiamo facendo le stesse cose e sperimentiamo modi che funzionano nella scuola, nella comunità o in un'impresa con i medesimi effetti positivi.
E' morto Dave Brubeck, un grande musicista.
Il suo Take Five era la sigla dei Tagliapietre, il complesso dove ho cominciato a suonare, tutte le sere in apertura lo eseguivamo, presentandoci e augurando buona serata a tutti.
Quel brano era la nostra bandiera, la dichiarazione che non avremmo fatto musica scadente, ma anche nelle scelte semplici ed orecchiabili avremmo cercato la qualità che Brubeck aveva portato assieme al suo quertetto.
Il loro album dal vivo lo avrò ascoltato centinaia di volte e ancora oggi lo trovo superlativo.
Ho anche un album dei violoncellisti dell'università di Yale che esegue una suite composta da Brubeck ed è musica completamente diverse, dolce, a volte malinconica ma sempre avvolgente.
Grazie di tutto Dave Brubeck, ti restituisco la tua sigla per un nuovo inizio.
"Signore e signori buonasera, i Tagliapietre vi danno il benvenuto a questa serata ..."
Ho guardato alcuni degli spot autoprodotti per le primarie, anzi "parlamentarie" del Movimento 5 Stelle, ed è una fatica sconsolante: più di sei non sono riuscito a guardarne.
Non commento la rozzezza stilistica o l'utilizzo dei mezzi, è la stessa differenzaa che passa tra "Autoscatto" e Playboy, ma è deprimente il vuoto, la genericità delle proposte, il qualunquismo strisciante che abbiamo già caramente pagato con l'approccio leghista, certo sono meno rozzi ma lo sfondo è lo stesso.
E' questo lo specchio dell'Italia che voterà nel 2013? Scilipoti che diventa "sistema"?
Ci sono mille critiche da fare ai partiti tradizionali, ci sono quelli che hanno allevato ladri affaristi e puttanieri, quelli che si sono chiusi in sette oligarchiche, quelli che hanno fatto del bizantinismo il loro modo di fare, quelli che si sono sempre opposti ma un briciolo di cultura politica ancora la si vedeva.
Le impietose interviste delle Iene hanno reso evidente l'incultura dei parlamentari attuali, ma almeno, come dire..., lo abbiamo scoperto dopo, qui il gioco è al rovescio: votami per la mia banalità, sono come te, mediocre e quindi non pericoloso.
Mi viene in mente il libro di Luca Sofri "... eleggiamo persone mediocri perchè pensiamo di poterle controllare, non eleggiamo i migliori come fanno altrove".
La rete è una gran cosa, permette a tutti di esprimersi, di poter far conoscere la propria opinione, di dare voce a chi altrimenti non l'avrebbe: ma non garantisce che siano cose sensate e che su di esse si possa costruire il governo del paese.
Stamattina ho sistemato la legna per la stufa che ho in cucina: in fretta in fretta prima che piova!
Quando sono a Sesto mi piace vedere la legna ben ordinata in fianco alle case, squadrata come fossero mattoni lego, interrotta di tanto in tanto da pezzi messi in senso opposto per assicurare che l'insieme non cada al primo pezzo che togli.
Un lavoro semplice, antico, che prefigura il tepore che avrai all'interno.
Sistemare la legna immagino sia come aver portato il frumento nel granaio: per quest'anno l'abbiamo "sfangata".
the new iMac makes the old iMac look like it was designed by Dell.
Il premio per una intensa sessione di lavoro: l'esclusivo baccalà ripieno di Marina.
Ricetta rara di un piatto povero che diventa principesco arricchito dal buon vino della Capuzza, dalla polenta di Storo e di amici allegri.
Che dire delle verdure stufate? E del semifreddo ai marron glaceés?
Brava davvero.
I sostenitori di Renzi mi pare abbiano perso un'ottima occasione di stare zitti.
Le frasi, le polemiche, i polveroni non hanno fatto altro che avvantaggiare l'antagonista facendolo apparire pacato e rispettoso ed il proprio candidato "peggio di un bambino capriccioso" che la vuole sempre vinta, come dice la canzone di Mina.
Una débacle della comunicazione, io avrei cambiato scelta di voto se fossi andato a Brunico a farlo.
Gli auguro di riuscire a riflettere sulla seconda parte della canzone: "al momento giusto, tu sai diventare un'altro...."
Prima di andare a letto, Carlo mi ha fatto ascoltare una delle tante "rarità" che aveva portato con sè per la serata d'ascolto: una riedizione del disco di Mauro Pagani.
Lo abbiamo ascoltato sul mio stereo e Carlo me ne ha guidato la comprensione: un raro privilegio una "lezione privata" così
Curioso, sposato con due figli.
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