Una premessa: mi colpiasce molto in questa tappa a Lorne del nostro viaggio in Australia, il grande apporto del volontariato della comunità per il funzionamento complessivo della comunità stessa.
Pete, che è tra i fondatori di una specifica fondazione per la promozione e la crescita della cittadina, Lorne ha poco più di 1.200 abitanti che diventano 20.000 in estate, che sta davvero innestando processi di cambiamento profondi: un festival di musica e performing art, un festival rock che da solo porta 16.000 persone, una mostra di sculture all'aperto, e poi corse ciclistiche e gare di nuoto che stanno spostando il baricentro della stagione turistica da gennaio, che qui è come il nostro agosto, ai mesi di spalla, novembre-marzo.
Ma non è solo il "Committee for Lorne" che spinge il piccolo miracolo: tutti gli eventi sono retti dai volontari, ma anche il surf club, il campo di calcio, ovviamente i pompieri e i volontari del soccorso.
Qualcuno può obiettare: dov'è la novità? Anche da noi funziona così.
Vero, la Scuola di Musica del Garda non esisterebbe senza i volontari ma... è come se da noi il volontariato fosse intanto più per "beneficenza" che per reale coscienza sociale ma soprattutto ogni ente e associazione lavora per conto proprio come un solitario pioniere in un campo ostile, mentre qui il volontariato è diventato "sistema sociale collaborativo".
Dato che tutto ciò che sta avvenendo in rete esalta modelli collaborativi, è chiaro che le mie antenne sono in assoluta allerta.
Ovviamente il tutto è facilitato dal fatto che Lorne sia una cittadina piccola in cui le relazioni sociali sono dirette e immediate, ma su cui si innesta una caratteristica molto australiana dal mio punto di vista: una accoglienza spontanea e una predisposizione alla socialità che ho trovato dovunque sia stato finora.
Gli Op Shop
Gli Opportunity Shops sono un'esempio molto interessante di come il volontariato sociale diventi sistema.
Gli Op Shops sono diffusi in tutta l'Australia e discendono da una tradizione cooperativa nata nel mondo anglosassone in gran parte durante la seconda guerra mondiale, raccolgono oggetti usati dalle famiglie, li risistemano, li suddividono per categoria e li rivalorizzano vendendoli ad altri della comunità stessa. Con il ricavato vengono finanziate altre iniziative sociale.
Anche da noi direte: i centri di aiuto ai profughi, alle mamme sole, ai senzatetto fanno cose simili. Appunto simili ma profondamente diverse.
Quando pensiamo al riciclaggio pensiamo a "buttare via in modo efficiente", gli Op Shop fanno riciclaggio attivo che ripulisce gli oggetti, ripara dove necesario, rigenera e rivitalizza ma soprattutto li rivalorizza per il loro valore d'uso e li mette in vendita come in un negozio "normale" non accatastando le cose come nei mercatini di seconda mano o nelle garage sales americane.
Il team delle signore
Il negozio è tenuto a turno da signore volontarie, generalmente anziane, che agiscono a turni di tre: in tutto più di 36 signore (6 al giorno per 6 giorni alla settimana) si danno il cambio a gestire, sistemare, promuovere, suggerire.
Già questo è un fatto in sè: 36 anziani che diventano attivi, che socializzano, incontrano, parlano... parlano un sacco... che sono socialmente attive e orgogliose del loro agire.
Il reinvestimento
Il ricavato delle vendite costruisce un tesoretto che viene reinvestito in investimenti socialmente utili: lo scorso anno 250.000 dollari per costruire miniappartamenti per i parenti dei lungodegenti dell'ospedale, l'anno prima 50.000 dollari per una nuova auto per i pompieri, quest'anno, un primo acconto di 15.000 dollari per il salone del centro anziani.
Il riciclo non diventa carità, diventa infrastruttura della comunità che fa capire concretamente il valore dell'Op Shop per cui la gente guarda a quella vetrina con un occhio diverso e motiva al potenziale acquisto.
Il modello virtuoso
Ovviamente il modello economico è quanto di più efficiente si possa immaginare: costi praticamente a zero, i locali sono offerti o dal comune o da qualche privato che offre così la propria dose di volontariato sociale, oppure sono proprietà dell'Op Shop stesso che ha investito una parte dei ricavi nella propria strutturazione, costi trascurabili per i beni da rivendere che vengono donati, costi praticamente nulli per la gestione.
Un sistema altamente virtuoso che rigenera beni, li offre sotto nuova luce di valore, li trasforma in infrastruttura sociale e nel processo coinvolge gli anziani della comunità in una attività che li obbliga alla relazione con gli altri e nel contempo dimostra che gli anziani sono portatori di valori e di utilità sociale quanto i beni che vengono da loro riciclati.
Quando ho chiesto alle tre signore dell'Op Shop di farsi fotografare per raccontare questa storia, non hanno avuto esitazionie e ridevano di gusto, orgogliose del riconoscimento del loro lavoro, ma mi è venuta in mente subito una parola: dignità.
Il risultato ultimo è una comunità che si fa sistema e in cui le interazioni tra i diversi livelli sono tali per cui è lampante che nulla funzionerebbe senza l'apporto dell'altro.
La rete, appunto.
Grazie ad Alfonso Fuggetta ho letto un interessante riflessione a proposito delle proteste avvenute a Ferguson in Missouri dopo l'uccisione di un ragazzo di colore da parte della polizia.
La prima è che fatti che accadono in paesi lontani o nelle periferie o che non vengono giudicati "importanti" dai grandi organi di stampa diventano invece rilevanti grazie al ruolo dei cittadini stessi che diventano i veri protagonisti del racconto di ciò che accade attorno a loro.
Ne parlo da vent'anni da Onde alla TV del Parco Polaris, dagli interventi a Flemington a quelli dove mi capita di parlare di rete e società, dai progetti di Banca del Tempo a Perugia con Mariella Morbidelli a quelli di Marina di alfabetizzazione delle mamme prima e degli anziani poi, fino alla sua attività di narrazione delle ricette di cucina di casa o il mio racconto della battaglia di Solferino e San Martino: siamo protagonisti dei nostri territori, di ciò che accade attorno a noi.
Più vedo crescere in Facebook l'imbecillità di chi divulga e rilancia notizie di paesi di cui non sa un accidente o di leggi e fatti di cui non ha nessuna prova di verità, più credo sia doveroso insistere nell'invitare noi stessi e chi ci sta intorno a raccontare, a documentare e far conoscere il mondo quotidiano.
Partiamo pure dalle cene con gli amici: saremo pronti a raccontare una tragedia o a documentare un'ingiustizia.
Il secondo fatto rilevante del racconto è il ruolo degli algoritmi che ci fanno vedere una realtà non "vera", che sono stati sviluppati per "facilitare" la nostra navigazione ma che di fatto decidono al posto nostro cosa vedere e cosa no.
Lo dico sempre quando mi capita di parlarne con gli amici: lo sapete vero che Facebook vi fa vedere solo ciò che ritiene interessante? che filtra e censura ciò che vedete? ciò che credete di far vedere ai vostri amici non arriva sempre a destinazione?
Mi guardano immancabilmente come un bambino che scopre la verità si Babbo Natale.
La verità (tema filosofico di non poco conto) in rete nasce solo dal confronto delle opinioni, dal racconto diretto di persone della cui autorevolezza possiamo fidarci, della continua verifica delle fonti.
E' un mondo diverso, non c'è dubbio, preoccupante per molti versi ma che ci rende testimoni immediati di eventi di cui in passato no avremmo saputo nulla, un mondo che dobbiamo raccontare per permettere ad altri di avere più fonti per farsi un'idea propria, un mondo in cui il nostro parere, il nostro punto di vista, non è "quello vero" ma è quello che contribuisce alla costruzione di un punto di vista il più possibile oggettivo.
La terza riflessione riguarda la gestione delle crisi nell'epoca della rete e lo dice bene Jeffrey Blackwell il capo della polizia di Cincinnati intervistato da CNN: "Crediamo che il solo modo sia di dire la verità con il massimo di trasparenza, il pubblico ha il diritto di sapere cosa succede (riferito al fatto che dopo 6 giorni dall'uccisione la Polizia di Ferguson non ha ancora rivelato il nome dell'agente che ha sparato), il solo modo per ottenere collaborazione è attraverso la fiducia e la collaborazione e deve essere autentica."
Parole pesanti per chi, ufficiale di polizia, governante, sindaco o amministratore di un'azienda ritiende di non dover giustificare i propri comportamenti rispetto ai propri interlocutori con la scusa che "non possono capire".
La rete racconta il falso e censura? Certo ma anche apre la porta al vero, alla documentazione alla controinformazione. Avremmo saputo di cosa accade in Turchia, a Gaza o a Ferguson Missouri? Molto probabilmente no. Ed è indubbio che Israele ha risolto il problema dei tunnel ma si è creato un poderoso nemico emotivo in un pubblico inizialmente non ostile e che nessuno può onestamente giudicare un paese dall'alto di un pulpito di "verginità" quando ciascuno ha la sua Tien AN Men da nascondere agli occhi del mondo, sia esso un giovane di fronte a un carro armato o una mamma con le mani alzate davanti alla polizia a Ferguson.
Mi chiedo se avremmo dovuto attendere cinquant'anni per sapere delle Foibe se all'epoca fosse già esistito Twittere che idea avremmo oggi di Cesare Battisti e di "trieste Libera" se avessimo avuto modo di ascoltare la voce dei diretti protagonisti.
Trovo molto appropriata la conclusione della blogger (ho scoperto poi che è una docente universitaria di sociologia ) da cui ho preso spunto per queste riflessioni, ciò che accade nella realtà si rispecchia nella rete e ciò che facciamo in rete incide nel mondo reale.
Raccontare i fatti di Ferguson su twitter con l'hashtag #Ferguson è rilevante, ha cambiato la percezione degli eventi e nel contempo, come capita spesso, di fronte al sopruso ha risvegliato la consapevolezza di molti cittadini che si son otrasformati in testimoni e narratori.
Un giornalista arrestato che filma i suo arresto ingiustificato in un Mc Donald, al pari del cittadino che attiva un live stream con la cronaca diretta di ciò che sta accadendo in questo preciso istante non sono eventi banali, ci dicono che abbiamo il dovere di raccontare il bello e anche quello che altri non vorrebbero che raccontassimo.
Non mancheranno quelli che accuseranno internet di divulgare notizie che istigano all'odio, quando documentano brutalità ingiustificate, e ne chiederanno il blocco e la censura ma il mondo che avremo in rete dipende dalla responsabilità con cui la useremo come pure il mondo reale attorno a noi dipenderà dalla cura che ce ne prenderemo.
Perchè #Ferguson è Ferguson.
Tanto per rinfrescarmi la memoria sono entrato in ONDE e ho "fatto un giro" tra le cartelle.
Che strana sensazione, come entrare in una casa in cui sei stato da giovane, con stanze impolverate e altre che sono ancora attive in cui è passato qualcuno poche ore prima.
Metà museo storico vivente della tecnologia civica, di una delle tante occasioni perdute dalla città.
Ho trovato cartelle che hanno "cristallizzato" discussioni politiche di 13 anni fa, messaggi che dicono come eravamo, cosa era importante.
Come aprendo uno scatolone con i vecchi documenti dello "zio d'Argentina", ho trovato un file con le statistiche del laboratorio e della mediateca del 2002 ... impressionante.
A pensarci è un mezzo miracolo che sia ancora attiva: l'anno prossimo compirà vent'anni, un secolo per l'orologio di internet. Forse un giorno qualcuno racconterà questa storia.
Io intanto ho aggiornato il client e cancellato lo spam ... ho tolto la polvere e pulito i vetri e ho chiuso la porta con rispetto.
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Chissà per quale barbatrucco tecnologico è tornata nel mio aggregatore la notizia di un'intervista che ho dato 3 anni fa al Security Summit di Milano.
Non ho fatto caso alla data, mi pareva solo strano che citasse il mio blog su Noza24 che da tempo non tengo aggiornato.
Ho ascoltato l'intervista per essere sicuro di non aver detto castronerie e solo ora scopro che il tutto non era al Summit di quest'anno ma a quello del 2010: ne ricavo tre lezioni.
1-Le riflessioni di più largo respiro non scadono a breve come lo yoghurt
2-La rete è implacabile nel tenere traccia della tua "memoria"
3-Apri l'occhio! Se qualcosa non quadra fidati del tuo istinto animale.
Comunque per chi volesse controllare l'intervista è qui.
Grazie a Luca ho conosciuto questo filmato che racconta una bella storia: quella dell'invenzione, tutta italiana, del primo personal computer della storia, La Programma 101 della Olivetti.
Narrato dalla voce di due dei progettisti originari, è un racconto che la dice lunga sull'inventiva, il coraggio, la forza delle idee, ma anche sulla stupidità e la cecità di chi allora non capì che dietro alla tecnologia dell'informazione c'era una possibilità straordinaria.
Guardate il filmato, dura 52 minuti, c'è anche un piccolo accenno alla visione di Adriano Olivetti, alla avida cecità di Mediobanca di allora simile a molte banche di oggi, e pensate al presente: ci sono quei visionari? Certamente, Ci sono ragazzi di 19 anni in grado di pensare in modo diverso da tutti gli altri? Ma sicuramente sì! E ci sono anche imprenditori che ne sostengono gli sforzi e che scommettono su di loro.
Ma sappiate anche che tra i candidati alle prossime elezioni ci sono persone che non hanno ancora capito e che vorrebbero governare come se la storia non avesse insegnato nulla.
Buona visione.
Oggi mi ha scritto Francesco Testa per annunciarmi la pubblicazione della loro app di animazione Identikat.
Ovviamente l'ho subito scaricata e installata sull' iPad e raccomando a tutti di fare altrettanto: 89 centesimi spesi benissimo (il link se volete è qui).
Nelle illustrazioni di Cristina Lastrego c'è una poesia e un'eleganza straordinarie che emergono da scenari sontuosi come è giusto che sia in tutte le fiabe.
Li ho conosciuti di persona alla Fiera del Libro di Bologna quando ero nella giuria dei primi sofware educativi assieme a Warren Buckleitner di Children Technology Review (che tra l'altro ha appena dato il riconoscimento di Editor's Choice Award proprio a Identikat).
Da allora siamo diventati amici, abbiamo realizzato assieme il Tommasone Cyberpoliziotto, il libro sulla sicurezza informatica per bambini, con i miei testi e i loro disegni.
Sono anche stato a trovarli un paio di volte a Torino e abbiamo parlato di tanti progetti e di evoluzione della tecnologia e comunque ci sentiamo di tanto in tanto per farci gli auguri.
Avere amici così è un vero privilegio.
P.S. Il video del backstage di identikat è delizioso.
L’innovazione non è l’adozione di tecnologie. La riorganizzazione non è l’abbassamento dei costi. La leadership culturale è la trasformazione dell’azienda fondata su una grande visione e un’ottima capacità di cogliere le opportunità offerte dalla tecnologia per realizzarla.
Come al solito, Luca De Biase sintetizza in modo mirabile.
Lo avevamo detto, progettato e realizzato 18 anni fa con il progetto Onde: si può fare scuola in modo diverso, si DEVE se vogliamo dare un futuro ai nostri figli e le tecnologie dell'informazione permettono di ripensare il modo di fare scuola, sia nei grandi istituti che nei piccoli centri, consentendo anche alle piccole scuole di fare cose incredibili.
Oggi Quinta mi ha invitato a visitare il liceo Lussana a Bergamo (invitato è un eufemismo, mi ha detto "devi assolutamente venire a vedere" e se lo dice lui bisogna credergli) e ho visto realizzato di nuovo quello che qui è stato pian piano smontato da chi resiste al cambiamento.
Come se l'innovazione avesse un'urgenza vitale propria che, uccisa in un punto, la fa spuntare più forte di prima in un altro punto.
Partiti da un altro punto di vista, quello della didattica cura (noi eravamo più interessati all'impatto sociale dell'apprendimento) siamo arrivati alle medesime soluzioni, come due montanari che arrivano allo stesso rifugio partendo da approcci e con sentieri molto diversi.
Ho visto aule dove i ragazzi non hanno libri tradizionali, ma solo iPad, e dove l'interdisciplinarietà degli insegnanti incoraggia il lavoro di gruppo.
Ho visto eBook prodotti al posto delle ricerche tradizionali, ho visto ragazzi che non cazzeggiano, che interagiscono, curiosi, a loro agio con i visitatori e se interrogati rispondere con grande tranquillità e proprietà di linguaggio.
Ho anche scoperto che Quinta è il Presidente di un'associazione che si chiama Impara Digitale che sostiene queste iniziative.
Ho visto la presentazione di una relazione sul clima e l'impatto dei gas serra, da parte di tre ragazzi di una prima classe mentre gli altri prendevano appunti.
Mi ero messo in fondo all'aula apposta per vedere cosa succedeva in classe con tanti tablet: non ho visto nessuno giocare a solitario o vagolare in internet o su Facebook.
Merito del lavoro in team e della logica della collaborazione tra pari che motiva senza bisogno di continui richiami.
L'anima del progetto è Dianora Bardi, un'insegnante di lettere che con determinazione ha sviluppato il progetto e oggi ne racconta i modi e i successi illustrando dati e metodologie: valutazioni e confronti con classi "tradizionali", esami di allievi che da due anni non usano libri di testo che arrivano alla maturità con una commissione tradizionale, con gli stessi compiti degli altri, che superano l'esame con sei punti di media più degli altri.
La prof. Bardi ci racconta del metodo, del ruolo determinante della progettazione didattica e di quello importante ma secondario della tecnologia: la tecnologia rende possibile una visione.
Oggi ci sono 9 classi che seguono il nuovo approccio (che tra l'altro ci allinea con gli standard europei) e l'effetto su tutta la scuola è evidente: iscrizioni raddoppiate, attenzione e reputazione che attirano collaborazioni, sponsor, opportunità.
Un cambiamento che si estende, che pone sfide organizzative non da poco, ma che non spaventano, grazie anche al fatto che, mi diceva Damiano, c'è un preside che ha una capacità di motivare, innovare e gestire straordinaria.
Manderei certamente qualce amico insegnante titubante a visitare il Lussana e a parlare con la prof. Bardi, ci manderei anche qualche insegnante sfiduciato sulla possibilità di cambiare e quelli che "vorrei ma non so da che parte partire".
Intanto ho invitato il Quinta a visitare la Scuola di Musica dove, con un altro percorso, stiamo facendo le stesse cose e sperimentiamo modi che funzionano nella scuola, nella comunità o in un'impresa con i medesimi effetti positivi.
the new iMac makes the old iMac look like it was designed by Dell.
In 5 minuti Paolo Barberis dice perchè un utilizzo deciso della tecnologia è il fattore cruciale per far crescere il nostro paese: e che ci vuole di più? (quanto a capirlo... hai voglia!)
Scopro poi che nel comitato Rivoluzione Digitale Adesso ci sono tutti gli amici bravi e che davvero sanno di cosa parlano: Francesco Sacco, Salvo Mizzi, Stefano Quintarelli, Eugenio Prosperetti, Peter Kruger, tanto per citare i primi nomi che ho letto.
Il lavoro fatto con loro per Agenda Digitale è stato ottimo ma poi all'atto pratico i vari ministri hanno tirato il freno a mano perchè c'è ancora un sacco di gente che ha paura della rivoluzione tecnologica.
Quasi quasi chiamo il Quinta e mi iscrivo!
E' tutto il giorno che approfitto della pace sestese per sistemare il nuovo sito della scuola in Wordpress e sono al 90% del lavoro grazie anche a Piero che è davvero bravo a darmi supporto... eh se i padri non avessero i figli !!!
Come al solito non c'è come il "fare" che ti fa imparare e alla fine di questa giornata anche se ho gli occhi che mi si incrociano, devo dire che wordpress è proprio un bel prodotto.
Adesso devo sistemare il blog, il forum, la media gallery, Piero mi deve risolvere un paio di mie lacune sui link delle categorie e qualche ritocco qui e là ma questo rientra nella normale vita "in continua manutenzione" di un sito web.
Se qualcuno vuole fare un giro e segnalarmi bachi e migliorie, lo apprezzo anche se poi mi ci vorrà del tempo per sistemare il tutto: il sito è qui www.scuoladimusicadelgarda.it
Nel trasferire i dati sul nuovo MacBook Air di Marina ho avuto un intoppo che mi ha fatto dannare ma ho imparato diverse cose.
Nel fare la "migrazione utente" dal backup su time machine (funzione fantastica per la verità) ho avuto una caduta di tensione e il ripristino non è andato a buon fine, o meglio non si è completato per cui l'utente "Narina" esisteva sulla macchina ma la password non era stata attivata correttamente.
Che fare? Non è possibile ricreare un nuovo utente, non è possibile cancellarlo e i nuovi MacBook non hanno lettore DVD per fare boot esterno e da cui attivare la funzione di reset della password.
Dopo varie tribolazioni ho scoperto che
a) Hanno semplicemente tolto la voce di menu "reset password" sostituendola con l'accesso a terminal (dal menu utility) e a cui bisogna digitare il comando "resetpassword". Informazione trovata sul sito apple ma che non era nota ai tecnici a cui avevo telefonato
b) non serve reinstallare il sistema operativo, la partizione che c'e su disco fisso con il disco di ripristino a tutti gli effetti è un rilascio del sistema operativo
c) ho provato a generare un osx su una chiavetta e funziona magnificamente grazie all'utility Lion Disk Maker che fa bene il suo mestiere, non mi è servito ma in futuro non si sa mai...
d) la prossima volta meglio generare un utente standard "admin" anche senza password in modo da non tribulare se per caso il ripristino di un utente precedente non va a buon fine, Una volta completate le operazioni si può cancellare l'utente admin di servizio (ovviamente l'utente trasferito dal backup deve avere i privilegi di admin.
Sulla prima macchina di casa ho fatto l'upgrade a Mountain Lion tanto costa solo 15,99 Euro: BONG! VMware Fusion non funziona e bisogna fare l'upgrade 44,99 Euro!
Stessa cosa era successa con Lion dove non funzionava più Photoshop Elments (BONG upgrade 100 euro , che mi sono rifiutato di fare e uso un vecchio software open source).
Mi suona mica tanto bene questa storia degli upgrade forzati.
Ho guardato con grande attenzione una presentazione di 360Kid segnalata dal mio amico Warren, sul mercato dei giochi educativi. (qui la presentazione e qui le slides senza commento)
Tra gli spunti interessanti c'è questo dato su "chi decide l'acquisto" e già dai 6 anni sono i bambini più dei genitori a compiere la scelta (poi ci sono quelli che a 30 anni si fanno comperare le calze dalla mamma, ma non conta).
Il secondo spunto è che il mercato dell'apprendimento intelligente, dell'apprendimento supportato dalle tecnologie è un mercato ancora grande e con nuove opportunità.
Certo qualcuno inorridisce all'idea di vedere la "sacralità del libro" minacciata da un videogame ma usando l'immaginazione si possono ottenere nuove opportunità di apprendimento e lo sviluppo di tecnologie appropriate farà il resto.
La presentazione parla di un tablet da 70 dollari previsto per fine anno che potrebbe essere il "veicolo" per sostenere gli orientamenti di stati come la California che hanno già deciso di non acquistare più libri di carta nelle scuole e il Texas sta facendo la stessa cosa.
Interessante anche questo dato che dice quali caratteristiche dovrà a avere un'aula del futuro (sono ferocemente contrario ai soldi buttati nelle lavagne digitali) e se non sorprende che tutti vogliano connessione a internet è interessante come gli studenti vorrebbero videogiochi istruttivi e in buona percentuale lo vogliono anche i dirigenti scolastici.
La prima conferenza di Cuccioli e Multimedialità nel 1995 fu dedicata al gioco come forma primaria di apprendimento e a quanto pare 17 anni dopo il tema è ancora attualissimo. Peccato che i "soloni" (nel senso che sono soli) hanno cancellato la storia di quell'evento dal web e bisogna ricorrere al webarchive per trovarne traccia.
Avevo segnalato su questo blog che la centralina telefonica della mia via era in pessime condizioni da un paio d'anni e Massimo Mantellini aveva "rilanciato" il messaggio su Eraclito, il blog di Telecom Italia.
Già il giorno stesso Massimo mi ha chiesto l'indirizzo perchè lo avevano interpellato da Telecom per sapere dove poter intervenire e l'altro ieri una squadra di tecnici ha provveduto a riparare la centralina.
Brava Telecom e grazie a Mantellini.
Nell'intervista flash a State of The Net c'è la sintesi del ragionamento su musica e tecnologia.
Un grazie ad Alessio Jacona per la sintesi e a Gallizio per avermi fato scoprire il video di cui non avevo più cercato il link
Blogmeter pubblica la mappa delle connessioni che si sono sviluppate via Twitter durante State Of The Net 2012.
Io (Gigitaly) sono là a sinistra tra Marc Canter e Euan Semple.
Il video del mio intrervento a State Of The Net 2012 estratto dal filmato della prima sessione di Sabato.
Sul canale YouTube di State Of The Net trovate i filmati dell'intera conferenza.
Faccio il viaggio per Trieste con Piero e più che un trasferimento fisico da un punto all'altro, sarà (oltre al grande piacere di chiacchiere in libertà) un trasferimento di conoscenze: quel ragazzo è un pozzo di saperi che io non so e nelle quattro ore di viaggio avrò fatto un corso accelerato (anzi "regionale veloce" è più politically correct) di tutto ciò che gira sui social networks.
Ho seguito con attenzione la vicenda delle nomine all'Authority delle Comunicazioni e per quanto ho potuto ho sostenuto la candidatura di Stefano Quintarelli che, non avendo "santi in paradiso" non è stato eletto.
Il PD salva la faccia nominando il prof. Decina che almeno sa di cosa parla (se si parla di telecomunicazioni) ma nella sostanza avvalla una logica di suddivisione delle nomine molto "vecchio stile democristiano".
Tutti i partiti indistintimente credo pagheranno un conto salato in termini elettorali per questa vicenda, non sarà direttamente misurabile forse, potranno dire che i motivi sono "altri", ma quando una cattiva reputazione si alimenta in rete può fare danni di immagine (e cioè di voti) molto seri.
Le aziende lo hanno capito, i partiti non ancora, ma è solo questione di tempo.
Intanto il buon Quinta può essere felice di aver misurato l'affetto e la stima che lo circondano, la sua nomina ad un incarico di responsabilità che guidi le scelte tecnologiche del nostro paese è solo rimandata.
Il terremoto non scuote solo la terra, scuote gli uomini ed emergono, leggendo i post di questi giorni, due aspetti in antitesi.
Siemo belli dentro: ci preoccupiamo per gli altri, stiamo in contatto con i nostri amici e grazie alla rete e ai nuovi media sociali simo come pulcini che si abbracciano gli uni agli altri per arginare la paura e il dolore.
Non è solo un bicchiere mezzo pieno, è mezzo pieno di birra che con la schiuma riempie anche la parte che manca: la rete ci tiene vicini, allarga la nostra capacità di tenerci in "empatia" con le persone a cui teniamo.
Nelle ore più drammatiche leggevo i post degli amici, li seguivo su twitter, mi rincuorava saperli fuori pericolo, mi confortava sapere che provavano le stesse mie emozioni.Siamo animali sociali che grazie alla rete possono coltivare al meglio la nostra capacità di voler bene, il nostro desiderio di prenderci a cuore gli altri.
Nel contempo è aumentata la dimostrazione di un lato brutto: sono cresciute le banalità contro i politici, il qualunquismo, la divulgazione continua di notizie false o volutamente distorte. In fondo sta diventando una mania "fate girare", a me fa solo girare le scatole perchè la prima risposta è "decido io se far girare o meno un messaggio" e se qualcuno me lo chiede è già un buon motivo per non farlo.
Certo è facile fare i buoni con un click e parafrasando un post molto amplificato, "spalare, non sfilare" mi viene da dire "spalare non cliccare": se vuoi aiutare, prendi una pala e vai alla protezione civile e chiedi dove serve fisicamente un aiuto.
Detesto il qualunquismo e l'"altrismo" (c'è sempre un "la questione vera è un'atra") che si cela dietro il "non facciamo la festa della repubblica ....": ogni giorno ci sarebbe un buon motivo per non festeggiare, basti pensare ai tanti lavoratori che ogni giorno perdono la vita, alle donne violentate, ai giovani che non trovano lavoro o a quelli che lo perdono.
Perchè anche quella del 2 giugno è una facile occasione per fare bella figura con poco: parlo di qualcosa di cui so nulla, è di forte appeal, e con un'immagine jpg e un click faccio un figurone. Se poi danneggio quelli che ci lavorano, le aziende di catering, gli installatori, se non so effettivamente cosa risparmio annullandola ora, se non ho idea di cosa comporti non conta, conta l'effetto mediatico.
Mi era venuta voglia di lanciare campagne ben più incisive perchè avrebbero implicato un sacrificio diretto e personale: chi fa "mi piace" su questi banner automaticamente versa 5 euro ai terremotati e chi li condivide ne versa 20 e chi li manda a tutti gli amici ne versa 50: se sei davvero convinto non sarà un problema tirare fuori poche decine di euro.
Non parliamo poi dei finti raffronti per dimostrare che abbiamo una classe politica esosa, i post sulle tasse, quelli contro le banche e a favore dei cani: avvero lo specchio di quanto siamo brutti, ignoranti, gretti e disinformati. Fino a ieri a osannare un presdelcons, greve e immorale, scialacquatore e incapace di pensare al bene altrui e ora eccoci tutti a fare i moralisti, i legalisti (con le tasse altrui) a fare i conti nelle tasche degli altri.
Anche questo non costa: basta un click, e strappo l'applauso come un rutto durante la lezione di greco.
La rete amplifica il nostro peggio, e gli altri media si adeguano, a partire dai giornali.
Quanto ci vorrà a ritrovare il senno? A ritrovare la strada della convivenza, del rispetto, dell'etica, della correttezza dei fatti e dei riscontri, del rispetto del sapere come virtù.
Nessuno dei due aspetti avrà il sopravvento, resteremo sempre un pochino "belli" e un pochino "brutti" perchè siamo fatti così e i nostri difetti servono a dare un senso ai nostri pregi. Certo è che quando i difetti si gonfiano e si amplificano come sta accadendo soprattutto su Facebook, viene voglia di staccare la spina e non vedere, non non sentire, non parlare.
Invece bisogna guardare, bisogna ascoltare e soprattutto non bisogna tacere.
Il 22 e 23 giugno sarò a Trieste a parlare a una delle conferenze più importanti sullo stato della rete e lo sviluppo del web: State Of The Net.
Mi diceva Paolo Valdemarin, mio illuminato maestro, che le iscrizioni stanno già fioccando, la partecipazione è gratuita ma è indispensabile la registrazione e a questo punto, anche se manca ancora un mese, raccomando a chi vuole partecipare di iscriversi subito.
In rete sta salendo il sostegno a una candidatura d'eccezione per il nuovo presidente dell'AGCOM, l'authority delle telecomunicazioni: Stefano Quintarelli, noto a noi tutti come "Il Quinta".
Il Corriere ne ha dato notizia, ma da qualche giorno ogni blogger, ogni giornalista o addetto ai lavori, in rete e su Facebook sta rilanciando la richiesta di firmare la petizione online su Firmiamo.it.
Perchè sarebbe di grande importanza? Lo spiega con semplice lucidità J.C De Martin su La Stampa e senza dubbio la nomina di Stefano sarebbe un segnale fortissimo di cambiamento e una grande opportunità per il nostro paese di avere un grande conoscitore del mondo della rete, oltre che un innovatore e imprenditore di successo, alla guida dell'istitiuzione che ne orienta le politiche nell'equilibrio tra rete, televisione e telecomunicazioni.
Pensando al governo tecnico, verrebbe da dire "Se non ora, quando?" tenendo conto che Quinta non è l'espressione di un partito ma ha lavorato come consulente in modo trasversale e le sue battaglie per la neutralità della rete sono note.
Di certo l'AGCOM con Quinta avrebbe una marcia in più e ne guadagneremmo tutti.
Una bella giornata con un team di amici di grande esperienza a parlare di due temi molto stimolanti e complessi: come insegnamo alle persone a imparare nuove cose per generare innovazione?
Uno spiedo superlativo ha di molto favorito il dialogo.
Solo sono vent'anni che glielo si dice in tutti i modi, dal Libro Bianco di Délors, dalle reti civiche, alle Agende Digitali: non c'è possibile sviluppo senza un forte impegno nella diffusione delle tecnologie dell'informazione.
Adesso se ne accorge anche il Presidente uscente dell'Authority delle Comunicazioni (che si è occupata per anni solo di telefonia e di televisione...) per dire che senza la diffsione della Banda Larga (che dimostra che vedono internet solo con gli occhiali della telefonia, ma lasciamo stare) abbiamo perso 1,5% di PIL.
La buona notizia è che intanto evita di emettere il regolamento del copyright in rete (grazie a Mantellini e Scorza per lo scoop), almeno per un po' non faranno danni.
La domanda è: avrà capito qualcuno che è giusto tagliare le spese ma senza strategia digitale non si cresce?
Lo capiranno i sindaci che verranno eletti in queste elezioni amministrative?
Da mesi mi sembra che su Facebook ci sia una crescita di immagini di cani e gatti: che siano tutti diventati amanti degli animali?
Noto invece con maggiore preoccupazione la deriva qualunquista dei messaggi contro il governo, i parlamentari, le tasse, e mi chiedo se sia solo lo specchio di un paese che ha perso l'intelligenza o se Facebook aumenta particolarmente la voce degli stupidi.
O forse è che Facebook rappresenta antropologicamente il concetto di "massa" ed escono i lati peggiori di chi da persona diventa massa, allo stadio o in rete non credo faccia differenza, anzi: in rete è anche più facile.
La caccia all'amplificatore è finita e nel migliore dei modi.
Quasi rassegnato a prendere un ampli qualsiasi rimasto in qualche ancgolo di un megastore, grazie alla tenacia di Stefano per preservare le mie orecchie da ascolti dannosi, ho scoperto che... Luca aveva un NAD 312 che voleva vendere: come dire, a volte la felicità è a due passi da noi e c'è sempre un amico che è ben felice di aiutarti a raggiungerla.
E così siamo felici in tanti, Stefano per le mie orecchie, io perchè le casse di Giampiero sono ora adeguatamente accompagnate, Luca che ha venduto il suo amplificatore a chi lo sa apprezzare, Giordano che non voleva che comperassi un amplificatore a valvole, tutti quelli che non volevano che comperassi una cinesata banale.
Ma soprattutto, come dice Stefano, i miei futuri nipoti che potranno certamente continuare a goderne perchè, a meno di eventi catastrofici, casse e ampli di questo tipo hanno vita lunga e, sempre secondo la medesima fonte, potranno "ciuciarsi i gombetti" (e secondo questo video, ciucciarsi i gomiti non è impossibile)
Buon sabato.
I miei amici Craig e Carol hanno portato ieri dei computer usati alla Mediateca di Flemington in New Jersey dove da tanti anni Warren sta continuando il progetto che era nato qui.
Per coincidenza (ma forse no), in questi giorni con l'aiuto di Damiano, Alberto e Stefano ho quasi finito di allestire alla Scuola di Musica l'aula di "informatica sonora" tutta realizzata con macchine usate e riassemblate.
Quando si dice essere "in sintonia", i 6.500 kilometri che ci separano, si annullano.
Il NAB è la fiera più importante sulla tecnologia televisiva, ci sono stato un paio di volte in passato e ne conservo un bellissimo ricordo: un bambino nel paese dei balocchi.
Non ho mai avuto occasione di sviluppare attività interesanti per l'azienda ma ho imparato un sacco di cose sul mondo televisivo e ogni volta tornavo con "giocattoli" affascinanti come i primi software di montaggio video a basso costo, le prime macchine fotografiche "video/digitali".
Curiosando cosa bolle in pentola al NAB di quest'anno ho trovato il Padcaster una semplice cornice di alluminio con un guscio che permette di montare un iPad su un cavalletto, collegargli un'ottica da telecamera et... voilà.
Bello il post di Simone Brunozzi che ho conosciuto alle serate di Equiliber e che Mantellini segnala stamattina sul suo blog.
Riprende le dieci semplici regole preparate dal governo inglese per disegnare servizi rivolti ai cittadini, è vero che come dice Mantellini, in Italia siamo lontani anni luce da questo modo di fare ma vale la pena ugualmente di averli presenti per quello che facciamo nelle nostre attività professionali e non.
Grazie a entrambi e agli "equilibristi" per la utile riflessione di Pasquetta.
Ora che le liste sono state presentate e il programma è depositato, è online il sito di Rosa Leso, candidata sindaco a Desenzano.
Cesare Orlandelli ha fatto ancora una volta (ma non avevo dubbi) un ottimo lavoro fondendo originalità e semplicità. Impeccabile ed elegante la scelta cromatica.
L'uso intelligente del Web è la migliore risposta al potenziale distruttivo del cretino la cui madre è sempre incinta sia nel mondo reale che in quello digitale.
TED è sicuramente un esempio splendido di come cambia in meglio la divulgazione della conoscenza e ora TED ED, il canale dedicato alla diffusione delle lezioni che vale la pena di seguire, si affianca alle altre migliaia di progetti di diffusione del sapere grazie alla rete.
Joseph Kony non è famoso, purtroppo bisogna aggiungere.
E' il ricercato numero 1 della Corte Internazionale di giustizia per crimini contro l'umanità ma la storia che lo sta rendendo "famoso" nasce dal basso, dalla rete, da una persona che ha deciso di agire.
Bella storia, vale la pena. (anche con sottotitoli in italiano)
Merita anche una lettura il sito di Invisible Children, sia per i contenuti che per la grafica
P.S. Il video Koni2012 è stato visto 100.000.000 (centomioni) di volte in soli sei giorni. C'è da riflettere
E' stato pubblicato il documento del Governo che dà il via all'attuazione dei temi affrontati da Agenda Digitale.
E' un passo molto importante che è stato possibile grazie all'impegno di molti e soprattutto dal grande Quinta che ci ha incitati tutti a non demordere. E poi c'è stato il convegno a Milano, la presentazione delle proposte operative (io ho scritto quella sulla security per conto di Clusit) e la consegna del documento al Ministro dell'epoca (Brunetta) E poi il lavoro di Luca e il meeting a Trento dell' IGF, Le audizioni di Alfonso alla Camera e i suoi articoli. E Juan Carlos, e Francesco, e Mantellini e....
Insomma tante persone di grande talento ed esperienza che hanno continuato a dire che dare un'Agenda Digitale al nostro paese è indispensabile per poter parlare seriamente di crescita e sviluppo.
Adesso ci sarà da dare gambe alle proposte, evitare che ci si perda in teorizzazioni, ma intanto godiamoci il passo nella giusta direzione.
Un "bravo" a Michele che l'ha messa subito su SlideShare.
Stanotte è stata scaricata dall'Apple Store la app numero 25.000.000.000 venticinquemiliardi...
Ci sono cambiamenti che nessuno si aspetta ma che qualcuno immagina: chi l'avrebbe detto solo cinqu anni fa che il mondo del software sarebbe stato rivoltato come un calzino? (dopo che era già stato rivoltato almeno altre tre volte).
Il software! Cristallizzazione di conoscenza, intelligenza che si rende tangibile, che va protetto come un quadro di Picasso, che costa moltissimo e quindi deve essere pagato tantissimo, si diceva, ma senza immaginare che l'affermazione potesse essere valida solo se ciascun singolo elemento di valore potesse essere moltiplicato venticinque miliardi di volte.
Mi viene da pensare che la musica è nel bel mezzo dello stesso processo e non riesce ancora a immaginare come anzichè vendere un disco a 10 euro, una serata a 1.000 euro o una tournée a 100.000 si potrebbe vendere una nota a 1 centesimo.
E non abbiamo ancora visto niente.
Ho scaricato per 5 dollari la stupenda app "The Fantastic Flying Books" su suggerimento di Antonio che non sbaglia quando si parla di libri: stamattina ce la siamo gustata con Marina, sfogliando il libro elettronico e guardando il filmato.
Poesia pura e una storia delicata e densa d'amore.
Per capire è bellissimo il racconto del "come lo abbiamo fatto" che evidenzia anche la grande quaità del lavoro che c'è dietro a un simile gioiello.
A proposito di metafore e modelli mentali... mi ero perso questa riflessione di Piero che trovo densa di significato.
In una pausa nello studio della Reverie di Debussy, leggo i vari post del mio aggregatore e trovo molto interessante quello di Luca de Biase a proposito di ecologia e informazione che, come aveva fatto Piero con l'information foraging, utilizza la metafora del mondo biologico per offrire chiavi di lettura utili a capire i processi in atto.
Se non si coglie la complessità di quanto sta accadendo e la imprevedibilità delle conseguenze delle mutazioni in un sistema complesso, possiamo trarre conclusioni del tutto fuorvianti o sbagliate e siccome stiamo parlando di qualcosa, il mondo dell'informazione, che ci tocca da vicino e in cui siamo "immersi", le conseguenze le subiremo in prima paersona.
Dato che per interpretare il mondo ci servono dei modelli, delle metafore, degli schemi da dare in pasto al nostro cervello che non saprebbe altrimenti come decodificare ciò che accade, l'utilizzo delle metafore del vivente son le più appropriate anche se qualcuno crede che la tecnologia dell'informazione sia fatta di 1 e 0 e assolutamente deterministica.
Come descrivere i suoni del sogno? I suoni del pomeriggio? Dei riflessi del sole sull'acqua? Ci serve un altro schema interpretativo: Debussy utilizza una nuova scala, la scala esatonale e quando la si comprende quello che appariva strano e dissonante acquista un preciso senso e si ha l'impressione ascoltando e più ancora suonando, di essere parte di un mondo meraviglioso.
Alla fine, dopo una giornata di download prove e aggiornamenti ho scoperto che il problema per cui non vedevo i loop in Garageband dipende dal fatto che se il brano è in un tempo diverso dai 4/4, gran parte dei loop spariscono perchè non sarebbero in sincrono automatico con il brano.
AAGGGHHR!!! Ma se io volessi vederli lo stesso? Odio quando gli sviluppatori decidono uno scenario e impongono alle persone di lavorare come vogliono loro! Avvertimi (guarda che usi una divisione del tempo diversa dal 4/4 e il loop potrebbe non essere in sicrono...) ma non impedirmi la scelta, tanto l'ho fatta ugualmente: ho settato la divisione del tempo in 4/4, ho inserito il loop che volevo e poi ho rimesso il tempo nei 6/8 che è il tempo che voglio.
Morale: ho speso 24 euro inutilmente e ho perso un pomeriggio a fare download.
In compenso: ho una versione aggiornata di Mainstage, ho fatto pulizia del disco con un sacco di loop che in realtà non ho mai usato e ho 40Gb di spazio libero in più, ho imparato delle cose.
Mi vendico facendo notare un errore grossolano: dato che la divisione del tempo in inglese si dice "signature" che è anche il termine con cui si traduce la parola "firma" ecco qua un bel vistoso errore di traduzione della versione italiana di Garageband con tanto di "FIRMA" sopra i miei 6/8.
Anche Apple non è esente da confusioni e pasticci quando si tratta di compatibilità tra prodotti e versioni.
Ho appena scoperto che il niuovo (non proprio nuovissimo) Garageband 11 non vede più tutto il database dei JamPack, ovvero le librerie dei suoni. Dopo due ore che smadonno ho scoperto che sono "discontinuate" (ma non ho trovato comunicati specifici) e che il modo migliore per tornare ad avere una banca dati di suoni utili è di installare Mainstage 2.2 (24 euri) che all'interno ha un utility di download gratuito di un sacco di suoni, strumenti e plug-ins.
E' vero che 24 euro non è una gran cifra ma perchè devo ricomperare qualcosa che ho già (Manstage 2, versione precedente) e reinstallare quello che ho già (i JamPack)? Ci saranno certamente motivi tecnici e li capisco anche ma la "user experience" in questo caso è negativa: il supporto è inesistente e l'informazione non c'è.
Vediamo poi stasera quando avrà finito il pesante dowload se il tutto funziona.
P.S. Se poi avessero una versione di Mainstage per iPad sarebbe anche meglio...
E' qui e devo dire che "suona bene. (parte dal minuto 7)
Luca Sofri, con l'acume che lo contraddistingue, ci fa capire come una non-notizia diventa un putiferio.
C'è molto da fare per imparare a convivere con la società dell'informazione, anche con quella presunta tale.
Leggendo i post e i commenti degli amici veronesi, devono averlo sentito bene.
I dettagli sono qui.
Kodak ha fatto richiesta di amministrazione controllata (chapter 11) il digitale cambia il mondo e si può anche non esserne contenti perchè scompaiono modi di fare e oggetti a noi cari (oltre che posti di lavoro e talenti).
I lavori nuovi predono il posto di quelli vecchi e non credo sia possibile arrestare luddisticamente questi processi di cambiamento così come cambieranno profondamente i libri di testo e la musica, i viaggi e i giornali, il video e il far da mangiare, come acquistiamo e come comunichiamo.
Di certo la difficoltà più grossa è quello di saperlo "fiutare" il cambiamento, se possibile generarlo prima che ti travolga e comunque prepararsi a cavalcarlo per passare da uno scenario all'altro.
Tra le novità più eclatanti annunciate da Apple ieri c'è sicuramente iBook Author, un applicativo specifico per realizzare libri elettronici interattivi scaricabile gratuitamente in rete.
Solo guardandolo velocemente stamattina mi sono detto
- che le prossime conferenze vorrei farle così e non più con lo "slideware",
- che vorrei fare la versione interattiva di Tommasone Cybercop per i computer da 100 dollari come mi ha chiesto Liddy qualche mese fa,
- che vorrei che i tredici ragazzi che ieri hanno iniziato il progetto Officina Sonora alla scuola (quello cofinanziato dalla Fondazione Cariplo) vorrei che avessero in uso tredici iPad e producessero testi interattivi e non solo appunti per uso individuale
... che vorrei cambiare il metronomo della mia giornata per avere il tempo di sperimentare un mondo.
Intanto in un'oretta ho prodotto il mio primo iBook e devo ancora capire come trasferirlo all'iPad e all'iPhone ma guardando fuori dalla finestra vedo gli alberi con la brina e immaginandoli fioriti immagino quante possibilità ci siano ancora da esplorare.
Quanta conoscenza c'è oggi in rete!
Dal progetto OnDe (che aveva in comune con la Open University inglese l'utilizzo di First Class, ma anche alcune idee circa la possibilità di imparare in modo nuovo) non smetto di meravigliarmi di quanta conoscenza c'è a disposizione di chi voglia sapere, studiare, inventare.
Basta guardare iTunesU, la sezione educativa di iTunes in cui università di tutto il mondo stanno mettendo a disposizione materiali e supporti didattici di ogni genere e che ora è anche una specifica applicazione su iPad o iPhone: come non vedere la straordinaria opportunità!
E' vero la sezione italiana è deprimente, c'è da domandarsi come mai manchino grandi atenei come il Politecnico di Milano e di Torino, come mai non ci siano università come quella di Bologna, come mai quelle esistenti, Trento, Padova, PIsa, Bocconi, Trieste abbiano poco più che dei depliant illustrativi dei corsi tradizionali.
E' vero, è difficile cambiare l'ecosistema dell'apprendimento, lo sapevo dai primi approcci ai computer nelle aule e ne ho avuto conferma quindici anni dopo quando ho provato a far entrare il CRS4 in iTunesU ma non ce l'ho fatta: troppe resistenze dall'interno (per quanto possa sembrare strano ai non addetti ai lavori, il mondo della ricerca e accademico è tra i più gretti, conservatori che si possano immaginare).
E' difficle ma per questo non bisogna smettere di crederci e di impegnarsi a cambiare: me lo ha testimoniato un grande come il prof. Paolo Zanella che mi ha chiamato qualche giorno fa per ricambiare gli auguri di Natale. Gentile e affettuoso come sempre, sorridente e ottimista come l'ho conosciuto e deciso a non demordere dall'idea che il sapere sia una grande opportunità per tutti.
Smontare un iMac per cambiare un disco guasto è un'operazione che dovrebbe fare un laboratorio ma mi sono messo con calma e con le giuste istruzioni dal responsabile dell'assistenza di MMN.
Ci ho messo un'ora e mezza perchè non avevo il cacciavite giusto ma solo l'inserto di un set che ho dovuto usare legandolo a una pinza ma ora il disco è installato e il mac di famiglia sta facendo il ripristino da TimeCapsule.
Vedremo domattina se ho superato la prova.
Gli amici di DiRete cercano un giovane tecnico da assumere: è un'ottima occasione per chi ha voglia di fare perchè quell'azienda è proprio un gioiellino.
Curioso, sposato con due figli.
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